“Suburra”: nella Roma del potere, tra criminali e trame nascoste

Stefano Sollima dirige un gran cast corale per un'opera nera che racconta il peggio della società

Un film di Stefano Sollima. Con PierFrancesco Favino, Claudio Amendola, Elio Germano, Alessandro Borghi, Greta Scarano, Giulia Elettra Goretti. Drammatico, 130′. Italia 2015

Tratto dal romanzo omonimo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, edito da Einaudi

Nell’antica Roma, la Suburra era il quartiere dove il potere e la criminalità segretamente si incontravano. Dopo oltre duemila anni, quel luogo esiste ancora. Perché oggi, forse più di allora, Roma è la città del potere: quello dei grandi palazzi della politica, delle stanze affrescate e cariche di spiritualità del Vaticano e quello, infine, della strada, dove la criminalità continua da sempre a cercare la via più diretta per imporre a tutti la propria legge.

 

Ha ancora senso parlare di Roma caput mundi? Leggendo le cronache degli ultimi mesi è normale avere qualche dubbio a riguardo. La mafia, dopo aver tirato fuori anche il sangue dalle pietre in Sicilia, quasi per necessità ha cambiato base operativa. Dal sud si è spostata, al centro, al nord, infettando altri luoghi e altre città.

La nostra storia politica ha vissuto nel 2011 una fase caotica, conclusasi con le dimissioni dell’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi il 12 novembre. Nello stesso momento Benedetto XVI stava maturando la decisione senza precedenti di lasciare ante tempore il soglio pontificio. Chissà cosa racconteranno i libri, di questo momento, tra qualche decennio.

Quando i punti fermi politici e religiosi vengono meno, ad acquisire forza sono correnti oscure e trasversali. È sempre accaduto, ieri come oggi.

Il film “Suburra” di Stefao Sollima racconta il corto circuito dello Stato e la genesi di un sottobosco in cui politica e criminalità decidono di unirsi. L’alleanza tra i due piani nasce prima di tutto per interesse economico (si pensi alla speculazione edilizia a Ostia). Il giro di soldi che viene catalizzato suscita l’interesse della mafia e allo stesso tempo porta la pace tra i boss locali. Al grido di “ce n’è per tutti”, ognuno vuole la sua fetta della torta.

Il film è una sorta di compendio narrativo di due serie – “Romanzo criminale” e “Gomorra” -: non esistono personaggi positivi, ma solo differenti sfumature di opacità e corruzione. Anti-eroi inclini al male, come Il Samurai (Amendola), potente e rispettato boss romano con un passato fascista, il pr Seba (Germano), che pur di salvare i suoi interessi non esita a diventare un Giuda 2.0, o l’onorevole Filippo Malgradi (Favino), esponente del Governo che passa le notti tra sesso e droga.

Dietro questi tre personaggi dallo sfondo emergono altre figure, minori solo sulla carta: l’ambizioso Numero 8 (Borghi), rais di Ostia; e poi le donne, dure e spietate quanto gli uomini, come Viola, la ragazza di Numero 8 (Scarano), o la prostituta Sabrina (Goretti), amante di Malgradi.

Borghi in una scena del film “Suburra” (2015)

Non c’è salvezza per nessuno, sono tutti destinati ad affondare, così come la stessa Roma. Una Roma che qui ritroviamo buia, cupa, tetra, l’antitesi perfetta della “Grande bellezza” portata sul grande schermo da Sorrentino.

“Suburra” è una sorta di avvincente puntata zero di una futura serie. Si intuiscono le grandi potenzialità narrative di questa storia, così come la possibilità di costruire e approfondire un percorso per ogni personaggi. Netflix, non a caso, ci ha già messo le mani sopra.

Pardossalmente, al cinema queste potenzialità che siamo certi verranno colte in un prossimo futuro diventano un limite. La pellicola tende infatti a essere troppo dispersiva. La sceneggiatura è asciutta, diretta, intensa, scorre in maniera fluida, ma fatica a tenere insieme i molteplici fili narrativi. L’attenzione del pubblico finisce così per perdersi e ritmo e pathos ne risentono.

Sollima si conferma un ottimo regista televisivo, sopra la media italiana, ma in questo caso rivela pregi e difetti della sua impostazione. È bravo nel gestire le diverse storie e rendere la storia intensa, ma gli manca di compiere il salto di qualità decisivo che avrebbe fatto di questo un gran film.

Se Claudio Amendola e Pier Francesco Favino danno prova di solidità e concretezza artistica, è Elio Germano a dare al suo personaggio la maggiore vivacità.

Non si può non citare la performance di Alessandro Borghi, carismatico quanto a gestualità e presenza scenica. Dopo “Non essere cattivo” di Caligari (leggi la recensione), un’altra gemma da aggiungere al suo curriculum eccellente.

Un film anche al femminile, come abbiamo detto, soprattutto per merito di Greta Scarano, in costante crescita artistica. Un volto davvero intenso, quello dell’attrice, e la capacità da non sottovalutare di dare profondità e anima al personaggio.

Il finale è cupo, teso, spietato, come si poteva immaginare. In “Suburra” non c’è spazio per la remissione dei peccati, solo per l’amara consapevolezza che per Roma i problemi siano appena iniziati.

 

Il biglietto da acquistare per “Suburra” è:
Neanche regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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