A teatro: “Mi piaci perché sei così”

Uno spettacolo teatrale in due atti, scritto e diretto da Gabriele Pignotta. Con Gabriele Pignotta, Vanessa Incontrada, Fabio Avaro e Siddharta Prestinari.

 

L’amore ti cambia la vita e se hai la fortuna di incontrare la tua anima gemella tutto ti sembrerà più bello. È per questo che avere un compagno/una compagna che ti abbracci di notte e ti sorregga nei momenti difficili è tra le cose più desiderate al mondo.

Dite che devo smettere di mangiare i Baci perugina e di leggere le frasi d’amore che contengono? Può darsi, sicuramente la mia linea ne trarrebbe giovamento. Ma tornando ad argomenti più seri: cosa significa, per voi, oggi essere una coppia?

Abbiamo meno pazienza di un tempo, siamo egoisti, intolleranti e meno inclini al compromesso. Certo, continuiamo a innamorarci, ci fidanziamo e magari ci sposiamo anche, convinti che sarà amore per sempre. Poi la quotidianità, sotto forma di spazzatura da buttare, panni sporchi lasciati in giro per casa e sabati sera trascorsi in poltrona davanti alla tv, irrompe nella favola e rivela quanto l’amore possa essere breve ed effimero.

È quello che succede alla coppia formata da Marco (Pignotta) e Monica (Incontrada) – protagonista dello spettacolo “Mi piaci perché sei così”, al Teatro Quirino di Roma fino al 22 febbraio – che dopo essersi conosciuti per caso nel metrò di Parigi ed essersi innamorati, decidono di sposarsi e iniziare una vita insieme. Lui è un disegnatore di fumetti disordinato e poco incline alle faccende di casa; lei è un’impiegata di banca rigorosa e disciplinata.

All’inizio dominano l’entusiasmo e l’amore: nonostante le differenze caratteriali, i due cercano infatti sempre e comunque di trovare un punto d’incontro. Ma come spesso accade, i contrasti, le lamentele e le reciproche insofferenze prendono via via il sopravvento, mettendo a rischio il matrimonio e in discussione l’amore che lega i due.

Monica convince allora Marco a provare, come estrema ratio, una sperimentale terapia di coppia che li porterà, tramite l’ipnosi, a vivere, pensare e soprattutto vedersi per novanta giorni con gli occhi dell’altro. L’ipnosi farà nascere una serie di situazioni imprevedibili e divertenti, che coinvolgeranno anche la coppia di vicini composta dai commercianti Stefano (Avaro) e Francesca (Prestinari), sposati da tredici anni, apparentemente felici, in verità uniti soltanto dalla reciproca insofferenza e della noia, e incapaci di dirsi addio.

Un testo ben scritto, pulito e ironico che ruota intorno a due coppie e a due diversi modi di concepire la vita insieme e più in generale a quanto oggi l’amore non basti più a far funzionare un matrimonio: serve immedesimarsi nell’altro, per riuscire.

È la seconda volta in pochi mesi che vedo un spettacolo teatrale di Gabriele Pignotta e l’autore romano si conferma dotato di buona creatività e verve narrativa, riuscendo a raccontare la realtà di oggi e soprattutto i suoi protagonisti in maniera credibile, con poche ma decise pennellate.

Personalmente ho preferito il secondo atto per forza comica, ritmo, originalità, freschezza. L’idea dello scambio dei ruoli non è nuova in senso assoluto, ci sono molti esempi nella storia del cinema, eppure l’utilizzo dell’escamotage dell’ipnosi nel complesso risulta credibile e coerente con i tempi.

I dialoghi sono frizzanti, diretti e coinvolgenti. La regia è semplice, attenta e rigorosa nel saper dettare i giusti tempi narrativi e soprattutto talentuosa nel coniugare comicità e spunti riflessivi e sociali con delicatezza ed eleganza.

Nel primo atto la coppia formata da Fabio Avaro e Siddharta Prestinari, confermando ancora una volta talento artistico e carisma, nonostante sulla carta siano solo dei comprimari, prende il centro della scena, regalando al pubblico i migliori spunti dell’atto. Nel secondo, invece, quando la coppia Pignotta-Incontrada si scambia ruoli e punti di vista, tra i due attori e il pubblico si instaura un’empatia emotiva davvero forte. Le luci della ribalta e gli applausi più convinti sono tutti per loro.

Un anno fa avevo visto questa coppia nella veste cinematografica e onestamente mi aveva convinto solo in parte, perché Vanessa Incontrada mi era sembrata ancora acerba come comica. Ebbene la chica di Barcellona ha fatto i compiti a casa ed esce complessivamente vincente dalla sfida teatrale, risultando frizzante, attenta e puntuale nei tempi e nelle battute anche se devo lavorare ancora un po’ sulla gestualità e sulle espressioni facciali.

Il doppio finale è divertente, e sebbene forse sia un po’ melenso e scontato, invita lo spettatore a riflettere su quanto sia importante non solo amare il proprio partner, ma soprattutto capirne le esigenze e i sogni.


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