“The land of dreams”: un musical ambizioso che però manca l’obiettivo

Il film di Nicola Abbatangelo è originale per il panorama italiano ma alquanto forzato

Un film di Nicola Abbatangelo. Con Caterina Shulha, George Blagden, Kevin Guthrie, Paolo Calabresi, Marina Rocco. Musical, 110′. Italia 2022

Eva ha un sogno, cantare al Choo Choo Train dove lavora come lavapiatti. Giovane donna emigrata, si scontra ogni giorno con New York e un desiderio di riscatto sempre rimandato. Poi una notte si rifugia in una casa che credeva abbandonata e la sua vita cambia. Accolta da Armie, un reduce della Grande Guerra, scopre con lui l’amore e le possibilità di un destino migliore. Il ragazzo ha un potere speciale, rendere i sogni reali, ma un segreto doloroso, un fratello soldato da ‘mantenere’ in vita. Tra illusione e realtà, Eva e Armie troveranno la via per la felicità.

 

Sognare, rifugiarsi in un mondo “altro”, per sfuggire al dolore e alla sofferenza magari, è bello, ma guai a rimanere prigionieri dei propri sogni. Perché perdere la strada per tornare indietro è una possibilità tremendamente reale…

“The land of dreams”, presentato ad Alice nella città e in uscita al cinema, è il sogno ambizioso – o se preferite il volo di Icaro – del produttore Davide Belardi, del regista Nicola Abbatangelo e dell’attrice protagonista Caterina Suhla.

Costruire un musical italiano atipico, mescolando fantasy e romance e recitando in inglese, era una sfida coraggiosa. E il coraggio e lo sforzo – anche economico – dei tre è sicuramente apprezzabile. Questo però non basta a salvare il progetto dal naufragio.

“The land of dreams” è un film dalla sceneggiatura pasticciata, caotica, dispersiva, un film incapace di dimostrare una sua identità e di creare una sincera connessione con il pubblico.

L’idea sarebbe quella di far ballare, cantare, sognare, emozionare strizzando l’occhio da una parte ad alcune storie d’amore fiabesche Disney come “Cenerentola” e “La Bella e la Bestia”, dall’altra a “Gangs of New York” di Martin Scorsese.

Il problema è che se l’occhio resta soddisfatto dall’elegante scenografia e dai bei costumi tutti gli altri sensi percepiscono solo la (brutta) copia di un film americano. La recitazione è manieristica e poco convincente; la sceneggiatura, come ho detto, traballante.

Un film che risulta incompiuto e forzato. Per i sogni, almeno al cinema, sarà necessario cercare altrove.

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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