“The Mauritanian”: un legal thriller asciutto e incisivo, rispettoso

La storia vera di Mohamedou Ould Slahi e dei suoi 14 anni di prigionia a Guantanamo

Un film di Kevin Macdonald. Con Tahar Rahim, Shailene Woodley, Benedict Cumberbatch, Jodie Foster, Zachary Levi, Langley Kirkwood. Thriller. Gran Bretagna, USA 2021 

La storia vera tratta dalle memorie di Mohamedou Ould Slahi, che fu arrestato nel 2002 in Mauritania perché sospettato di partecipazione agli attentati dell’11 settembre e trasferito a Guantanamo Bay. Sarà l’inizio di un’odissea spaventosa per Slahi, il quale senza prove e senza accuse verrà interrogato e torturato per anni nelle buie celle della base navale americana a Cuba. L’avvocato Nancy Hollander accetta di difenderlo in tribunale nonostante tutti lo diano per colpevole, mentre dalla parte dell’accusa il tenente colonnello Stuart Couch, in cerca di giustizia dopo aver perso un amico nell’attacco, viene incaricato di cercare una condanna esemplare.

 

Che gli uomini vivano spesso seguendo l’istinto, facendosi trasportare dall’ira e spesso dalla spirito di vendetta è triste ma risaputo. Ma se gli stessi sentimenti fossero alla base delle azioni compiute da un governo? Un governo che decide di calpestare qualsiasi diritto, attenendosi al principio che “il fine giustifica i mezzi”? Purtroppo, è tutt’altro che fantascienza.

L’11 settembre 2001 ha rappresentato uno shock emotivo per gli Stati Uniti. Dopo gli attacchi alle Torri Gemelle, la più grande democrazia al mondo si è scoperta vulnerabile e tutt’altro che imbattibile. E serviva un “capro espiatorio”, velocemente; un nemico su cui riversare la rabbia e la sete di giustizia – o vendetta? – di una nazione intera.

Sono iniziati così gli anni della lotta al terrorismo islamico, la caccia a Osama Bin Laden, operazioni almeno inizialmente appoggiate dall’opinione pubblica e dall’immunità legale garantita dal Congresso.

L’amministrazione Bush aveva bisogno di dare un volto ai responsabili degli attentati, e poi di arrestarli, dimostrando che nessuno poteva mettere all’angolo una Superpotenza. Ma tra il legittimo desiderio di giustizia e l’abuso di potere il confine si è fatto via via sempre più labile… e quello che è successo a Guantanamo ne è la drammatica dimostrazione.

Nel centro di detenzione venivano “fatti sparire” presunti terroriste e/o fiancheggiatori di Al Qaeda, e poi interrogati e torturati senza alcune tutela legale.

“The Mauritanian” di Kevin Macdonald (che in Italia arriverà il 3 giugno su Prime Video) racconta con stile asciutto e incisivo un caso-limite di questo corto circuito giudiziario-politico, ovvero il calvario attraversato da Mohamedou Ould Slahi, arrestato nel 2002 in Mauritania perché sospettato di aver partecipato all’organizzazione dell’attacco alle Torri Gemelle e poi trasferito a Guantanamo Bay. 

Il film appare come l’angosciosa, vivida e sconvolgente rivisitazione dell’incubo/processo kafkiano affrontato dal protagonista che, sebbene innocente, subisce ogni forma di umiliazione e sopruso fisico e psicologico volto al fine di estorcergli una falsa confessione. Una discesa agli inferi, che attraverso i flashback ci porta anche indietro al periodo di detenzione di Slahi, punteggiato da torture e interrogatori.

Ma “The Mauritanian” ha anche la struttura, i pregi e i difetti di un classico legal thriller. Per la tematica affrontata e la tensione narrativa ricorda il pluripremiato “Le ali della libertà” con Tim Robbins. L’intreccio è lineare, magari prevedibile nello sviluppo e manicheo nell’attribuzione dei ruoli, ma reso vibrante e vivido dall’intensa performance di Tahar Rahim.

Un contributo prezioso alla riuscita del film va attribuita anche all’interpretazione, solida, sobria ma carismatica, di Jodie Foster, giustamente premiata con il premio come migliore attrice in un film drammatico agli ultimi Golden Globe.

È possibile ottenere un giusto processo negli Stati Uniti, se si è accusati di terrorismo? La drammatica via crucis vissuta da Mohamedou Ould Slahi, libero solamente nel 2016, ci impone di riflettere con lucidità e obiettività su quanto accaduto a Guantanamo in nome di un, errato, concetto di giustizia per le vittime dell’undici settembre.

 

Il biglietto da acquistare per “The Mauritanian” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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