“They’ll love me when I’m dead”: ritratto di Orson Welles in esilio

Morgan Neville racconta la genesi contrastata del film "The other side of the wind" tra video e interviste

Un film di Morgan Neville. Con Orson Welles, Peter Bogdanovich, Frank Marshall, Oja Kodar, Beatrice Welles. Documentario, 98′. USA 2018

Negli anni Settanta a Hollywood, dopo la caduta dello studio system tradizionale e l’ascesa della controcultura, tutto era possibile. Anche che un regista del calibro di Orson Welles non trovasse il modo di completare il suo ultimo film, “L’altra faccia del vento” (The other side of the wind).

 

Chi ama il mondo del cinema e sogna di farne parte attivamente non può non aver visto “Quarto potere” di Orson Welles considerato un vero capolavoro. Probabilmente molti di questi stessi fan non sanno però che Welles arrivò a odiare quel film, divenuto un ostacolo e una maledizione per la sua vita e la sua professione.

Dopo un successo di quella portata, infatti, il regista faticò non poco a trovare nuovi finanziamenti per i progetti successivi, tutti ritenuti deludenti e non all’altezza. Per oltre vent’anni Welles fu costretto a lasciare Hollywood e vivere in Europa, con la sensazione di essere stato tradito e abbandonato dal proprio Paese.

Il documentario “They’ll love me when I’m dead” di Morgan Neville inizia il suo racconto dal 1975 quando la damnatio memoriae su Orson Welles da parte di Hollywood sembra finalmente caduta e i produttori sembrano aver riscoperto il vecchio regista, pronti a dargli nuova fiducia.

Welles ha già in mente da anni di realizzare un film unico e distante non soltanto dalla propria filmografia ma da qualsiasi cosa si sia visto al cinema fino a quel momento. Una pellicola in cui i colpi di scena e gli imprevisti rappresentassero la base drammaturgica della storia e l’improvvisazione sul set fosse sostanzialmente codificata.

Neville porta lo spettatore dentro il mondo folle, eccentrico e imprevedibile di Orson Welles, mostrando come riuscì a convincere mostri sacri del calibro di John Huston e giovani promesse dell’epoca come Peter Bogdanovich e Frank Marshall a far parte della più scombinata troupe cinematografica di sempre.

“They’ll love me when I’m dead” probabilmente è un po’ lungo, appesantito da alcuni passaggi superflui, ma offre una prospettiva davvero inedita dell’uomo prima che del regista, alternando in modo armonioso e incisivo vecchi filmati dove Welles è protagonista a interventi degli amici che con commozione e sincerità raccontano aneddoti.

Un appuntamento da non perdere per chi ha amato il cinema di Orson Welles a suo tempo, ma anche per i giovani, che lo conoscono meno. Welles, infatti, al netto dei difetti e dei colpi di testa fu un uomo sempre coerente, con se stesso e con gli altri.

“La bravura di un regista non emerge tanto nel dirigere un attore o immaginare una scena, quanto piuttosto nel gestire e sfruttare a proprio vantaggio qualsiasi imprevisto”. Quanti pezzi da novanta del cinema di oggi saprebbero fare loro, oggi, questa massima di stile?

 

Il biglietto da acquistare per “They’ll love me when I’m dead” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio (con riserva). Ridotto. Sempre. 

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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