“Triangle of sadness”: una satira forte sulla società e il mondo della moda

Ruben Östlund colpisce duro dove fa più male e mette a nudo le fragilità di ricchi e influencer

Un film di Ruben Östlund. Con Woody Harrelson, Harris Dickinson, Charlbi Dean Kriek, Zlatko Buric, Iris Berben. Satirico. 149′. Svezia 2022

I modelli Carl e Yaya, dopo aver discusso di denaro una sera al ristorante, vengono invitati ad una crociera di lusso, tra milionari soli e accompagnati di varie provenienze e anziani e gentili fabbricanti d’armi. Ma la sera della cena col capitano una terribile mareggiata getta ospiti e equipaggio nel caos più totale, e i due bellissimi si ritrovano spiaggiati su un’isola, senza essere in grado di procurarsi aiuto né cibo.

 

Dopo l’inaspettato quanto meritato successo del 2107 con “The Square”, Ruben Östlund torna a prendere di mira, con successo, in “Triangle of sadness”, i limiti e le contraddizioni di questa nostra società con spirito provocatorio e feroce ironia .

Il regista svedese ha uno stile ben delineato; le sue sceneggiature mescolano con intelligenza e creatività spunti irriverenti e grottesche senza però risultare mai banale o eccessivo. Questa volta, sotto la lente di osservazione, finiscono il mondo della moda, degli influencer e dei nuovi ricchi.

Già dall’irriverente prologo si coglie quanto siano “bellicose” le intenzioni di Östlund. Vediamo infatti un’intervista dove le espressioni facciali dei modelli mutano a seconda delle firme indossate, e dei casting dove si ipotizza l’utilizzo del botox per eliminare il “triangolo di tristezza” (triangle of sadness, appunto) dal volto.

Il film è diviso poi in tre parti. La prima ha come protagonista la coppia formata dal modello Carl e dall’influencer Yaya (Harris Dickinson e Charlbi Dean Kriek, entrambi molto buoni), che ci regalano una strepitosa quanto politicamente scorretta discussione su chi dovrebbe pagare il conto in una coppia. Tra accuse e tentativi di retromarcia solo per non apparire cafoni, ogni spettatore deciderà chi condannare.

La seconda, “Yacht”, forse quella meno riuscita e brillante, cerca di sbeffeggiare l’ipocrisia delle aziende che pur di avere feedback positivi – e stories sui social – sono disposte a pagare gli ospiti. Ecco quindi Carl e Yaya ospiti di una nave da crociera di lusso insieme a una serie di personaggi degni dei nuovi mostri: un imprenditore russo arricchito che viaggia con moglie e amante insieme; un’anziana coppia britannica che ha fatto fortuna con le mine antiuomo, un ricco single svedese.

Il capitano ubriacone e sinistroide, ben interpretato da Woody Harrelson, riluttante a svolgere i propri compiti, accetta di presenziare alla cena di gala mentre si sta verificando una violenta tempesta. La cena si trasforma in un incubo, tra mal di mare e isteria collettiva. E il capitolo si chiude con l’attacco di una nave pirata allo yacht.

Gli ospiti dello yacht si ritrovano quindi spiaggiati su un’isola deserta. La terza parte chiude il cerchio ma ribalta anche la prospettiva di quanto visto finora. Le difficoltà e le privazioni cambiano infatti le carte in tavola, ed ecco che un’attempata cameriera può ergersi a leader, e un modello a giocattolo sessuale.

Perché quando le gerarchie sociali non esistono più e vive la fantomatica legge della giungla le sovrastrutture si abbattono, e l’uomo di mostra in tutta la sua fragilità. E Östlund colpisce forte e duro dove fa più male, come suo consueto.

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