“Un incantevole aprile”: un romanzo brillante, frizzante e moderno

Il viaggio di quattro donne nel romanzo scritto nel 1921 da Elizabeth von Arnim ed edito da Fazi

«Elizabeth von Arnim scrisse il libro nel 1921, all’età di cinquantacinque anni. E leggendo un romanzo così gradevole e fresco si tende a dimenticare che l’autrice era in realtà figlia dell’epoca vittoriana, più affine, dal punto di vista anagrafico, all’arcigna Mrs Fisher che alle tre giovani donne che trascorrono il mese di aprile nello splendido castello italiano.»

Basterebbe questo passaggio, tratto dalle bella introduzione di Cathleen Schiele (La lettera segreta) a “Un incantevole aprile“, edito da Fazi nella traduzione di Sabina Terziani, per rendere l’idea di tutta la modernità e la freschezza dell’opera.

Nonostante si avvicini al secolo di vita, infatti, il romanzo di Elizabeth von Arnim porta benissimo i suoi anni e risulta brillante, frizzante, a tratti divertente. Come se fosse stato scritto ai nostri giorni, da qualcuno che conosce bene la necessità per il pubblico di ridere e divertirsi, quando legge.

La scena dell’arrivo di due delle protagoniste, Mrs Wilkins e Mrs Arbuthnot, alla stazione del piccolo paesino della Liguria e poi al castello dove hanno deciso di trascorrere un mese di vacanza, ad esempio, è davvero esilarante.

Il veicolo aveva il soffietto alzato e il cavallo appariva pensieroso. Salirono a bordo e, appena presero posto – in realtà Mrs Wilkins non si era ancora sistemata –, il cavallo ebbe un sussulto e partì spedito verso casa, prima che Beppo riuscisse a caricare le valigie e salire lui stesso. Il giovane gli corse dietro, e la notte risuonò delle sue grida prima che riuscisse ad afferrare le briglie che pendevano. Con orgoglio e – ne era convinto – con chiarezza cristallina, spiegò che il cavallo faceva sempre così perché era una bestia di razza, ben nutrita e focosa, di cui si occupava lui in persona come di un figlio, e le signore non dovevano spaventarsi (aveva notato che si tenevano strette l’una all’altra), anche se, nonostante la sua spiegazione dettagliata, forte e chiara, le passeggere continuarono a guardarlo con aria assente.

E non mancano, all’interno del romanzo, altri passaggi che strappano più di un sorriso. Tra descrizioni attente e particolarmente vivide della natura e dei giardini del castello a San Salvatore, e momenti di riflessione sulla vita, sul matrimonio, sulla realizzazione personale, questi intermezzi risaltano come piccole chicche, alleggerendo l’atmosfera e rendendo anche l’idea della grande maestria dell’autrice.

Se le donne della storia vanno ognuna incontro a una trasformazione in senso positivo, complice l’ambiente bucolico e paradisiaco in cui si trovano immerse, superando una i propri pregiudizi sul marito, l’altra la propria chiusura dovuta all’età, a non fare propriamente una bella figura sono gli uomini.

Mr Wilkins appare limitato, nonostante la sua cultura e la professione di avvocato di cui va tanto fiero, incapace di leggere le situazioni per quello che sono ma solo per ciò che vuole che siano. Mr Arbuthnot viene presentato come un uomo estremamente volubile, di scarsa levatura. Arrivato in Liguria inseguendo la bella Lady Caroline impiega circa cinque secondi per rinnamorarsi della moglie.

Peggio ancora va a Thomas Briggs, il proprietario del castello, che si reca in visita col desiderio di rivedere Rose Arbuthnot, e la idolatra come una sorta di Madonna, per poi metterla da parte in meno di un secondo quando rimane folgorato da Lady Caroline.

Qualche minuto prima era un giovane allegro, loquace, pieno di vita e di sentimenti amichevoli, adesso era silenzioso, solenne e aveva la fronte imperlata di sudore. Era persino diventato maldestro: mentre le porgeva la tazza di tè, fece cadere il cucchiaino, seguito da un amaretto che le voleva offrire. Non riusciva a distogliere lo sguardo da quel viso incantevole, e rimase ammutolito per tutto il tempo che Mr Wilkins impiegò per presentarlo a Lady Caroline.

Non si può non concordare, per una volta, con la burbera e per niente empatica Mrs Fisher: “Ma io domando e dico se è possibile che un bel visetto trasformi un uomo simpatico in un idiota incapace di intendere e di volere”.

Anche il matrimonio esce malconcio da “Un incantevole aprile”. I rapporti coniugali delle due protagoniste, infatti, sembrano male assortiti, infelici, sterili sotto tutti i punti di vista. Da lettori contemporanei ci si sorprende sempre della subalternità che la donna ha avuto per secoli nella coppia, nella società, nel mondo.

Ma d’altro canto questo non è un limite del bel romanzo di Elizabeth von Arnim, se mai un pregio. “Un incantevole aprile” ci rimanda un immagine vivida, vivace e sfaccettata di un mondo che non esiste più, e lo fa con tale perizia che ci sembra di essere lì, nel giardino, ad assistere giorno dopo giorno allo sbocciare dei fiori e al rifiorire della natura.

 

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