A un passo dalla vita, Thomas Melis

A un passo dalla vitaÈ una Firenze fredda, notturna e mai nominata quella che fa da palcoscenico alla storia di Calisto e dei suoi sodali, il Secco e Tamagotchi. La città è segnata dalla crisi globale, dietro l’opulenza pattinata del glorioso centro storico si nasconde la miseria dei quartieri periferici. Calisto è intelligente, ambizioso, arriva dal Meridione con un piano in mente e non ha intenzione di trasformarsi in una statistica sul mondo del precariato. Vuole tutto: tutto quello che la vita può offrire. Vuole lasciarsi alle spalle lo squallore della periferia – gli spacciatori albanesi, la prostituzione, il degrado, i rave illegali –, per conquistare lo scintillio delle bottiglie di champagne che innaffiano i privè del Nabucco e del Platinum, i due locali fashion più in voga della città. Calisto vuole tutto e sa come vincere la partita: diventando un pezzo da novanta del narcotraffico. Cupamente, nella rappresentazione di un dramma collettivo della “generazione perduta”, schiava di un sistema socioeconomico degenere e illusa dalle favole di una televisione grottesca, si snoda questa storia di ingiustizie e tradimenti, ma anche di amicizie e amori forti tragicamente condannati. Perché il male non arriva mai per caso e la vita non dimentica mai nulla, non perdona mai nessuno.


 

Un romanzo forte e attuale, dove protagonisti sono i giovani della cosiddetta “generazione perduta” (definizione coniata dall’allora premier Mario Monti), i nati negli anni ’80, vissuti all’ombra dei successi dei propri genitori, nel benessere creato dalle generazioni precedenti. Ma adesso sembra che benessere e successo siano fuori portata, per loro. Giovani relegati a vivere eternamente nella categoria dei bambini, tra precariato e futuro impossibile, senza prospettive, senza possibilità. Giovani che, in questo romanzo, sono anche stanchi di tutte le promesse di cambiamento non mantenute dei politici, della società intera.

Un libro con una forte prospettiva sociale, quindi. Ma anche un romanzo dalle nette tinte noir, sul mondo della malavita e della droga. Un libro che mostra come in ogni situazione – anche nel qui e oggi, nel presente dorato dei locali, delle discoteche, della digitalizzazione dilagante – esistano due strade, due scelte: quella giusta, quella sbagliata.

Il protagonista Calisto sceglie di prendere la seconda via, di perdersi in un’esistenza pericolosa, al limite. Calisto è giovane e intelligente, non è certo un ragazzotto plagiato dalla situazione o dalle cattive compagnie. Calisto sceglie consapevolmente di combattere per tirarsi fuori dal disagio e dalla situazione precaria condivisa da tanti giovani. Sceglie di non giocare secondo le regole, e diventare un esponente di spicco del mondo del narcotraffico. Una scelta che è difficile condividere, anche per chi, come me, di questa generazione di senza prospettive, definizione alla mano, dovrebbe fare parte. Eppure c’è qualcosa nel modo che ha questo 27enne studente di economia di mordere la vita, di farsi strada con ogni mezzo che parla di disperazione, sì, ma anche di coraggio. Non è facile sentire Calisto vicino, ma in certi momenti non è neppure impossibile.

Quello che colpisce di questo libro di esordio di Thomas Melis, oltre alla storia in sé, sono a mio avviso soprattutto lo stile e il linguaggio utilizzati. Tra le righe – e nemmeno tanto – si possono avvertire rimandi a grandi del calibro di Wu Ming e Giancarlo De Cataldo. Quello che ci si trova davanti è un racconto tremendamente realistico. Realistico nelle descrizioni, realistico nei toni utilizzati. Per questo gli inserti in dialetto – dove si avverte il lavoro di studio che deve aver fatto l’autore prima di mettersi all’opera – sono perfettamente comprensibili, giusti, adatti. E cosa dire del gergo della malavita? Di quello del carcere? In certi passaggi sembra di assistere a una scena di Romanzo Criminale, lo stesso mood, la stessa patina di malvagità, le stesse tenebre.

Ma non c’è solo basso, in questo romanzo. Anche per ciò che riguarda la parte alta, elevata, della vita di Calisto – che si concretizza nelle lezioni universitarie, ma soprattutto nei momenti introspettivi del personaggio – le scelte lessicali non sono mai banali, mai scontate. C’è un’attenzione minuziosa al particolare, al termine utilizzato. Niente viene lasciato al caso.

Se il romanzo trae forza e realismo dal lessico utilizzato, anche lo stile di scrittura è conforme all’idea dell’autore di creare un vero e proprio spaccato di vita. Uno stile incisivo, essenziale ma potente: poche descrizioni fini a sé stesse, una storia che procede in modo spedito, con scene funzionali e una prima persona che fa sentire il lettore come se fosse lui, in prima persona, ad assistere a tutto ciò che succede.

Calisto è un personaggio contraddittorio, complesso, con cui non è semplice entrare in sintonia, l’ho già sottolineato in precedenza. Quello che soprattutto mi ha infastidita è la sua tendenza a fare la morale – a disquisire con toni da grande esperto della situazione presente, dei comportamenti delle persone, dell’universo mondo. Personalmente apprezzo di più le storie – e i personaggi – che lasciano libertà d’azione al lettore. Sono io che voglio costruirmi la mia morale, estrapolare dal racconto delle lezioni e magari degli insegnamenti. E in un libro come questo… ci sono così tanti spunti che ci chiamano e ci toccano in prima persona che non dare indicazioni ma permettere a ognuno di interrogarsi e trovare le sue risposte penso sarebbe stata una scelta vincente.

Tra parentesi, il continuo pontificare di Calisto è quanto mai superfluo, perché da questa storia nuda e cruda, raccontata in modo magistrale, una morale emerge a mio avviso forte e chiara: il male non resta mai impunito. Non importa le direzioni che prende la vita, non importa se sembra che il cattivo abbia vinto, il buono perso, prima o dopo arriva il momento di pagare tutti i conti. E da un certo punto di vista – guardando lo svolgimento di questa storia, gli avvenimenti di cui leggiamo, ma anche il mondo vero che ci aspetta fuori dalla porta – può essere un pensiero incoraggiante. Oppure no. Dipende dal lato della barricata dove vi trovate a vivere.

 

L’AUTORE | Thomas Melis è nato a Tortolì, in Sardegna, nel 1980. Ha studiato presso le Università di Firenze e Bologna concludendo il suo percorso accademico nell’anno 2008. Nella vita si occupa di progettazione su fondi comunitari e consulenza aziendale per lo sviluppo. Ha collaborato con diverse riviste on line, dedicandosi alle analisi degli scenari internazionali e della politica interna.

 


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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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