“Un ponte di libri”: l’incredibile storia vera di Jella Lepman

Sinnos pubblica l'autobiografia della giornalista tedesca che credeva nel potere dei libri per bambini

© Illustrazione di Carla Manea per Ibby Italia

Non so quanti di voi conoscano il nome di Jella Lepman, e la sua storia. Forse qualcuno sì, chi lavora in biblioteca oppure con i bambini come educatore, magari qualche editore. Tutti gli altri probabilmente no. Io, lo ammetto, non l’avevo mai sentita nominare.

A colmare il vuoto – enorme, me ne accorgo solo adesso! – è arrivato Un ponte di libri, l’autobiografia della Lepman che Sinnos editore ha deciso di ripubblicare in una nuova edizione e in una nuova traduzione, dopo averlo già fatto nel 2009.

Jella Lepman era una giornalista tedesca – la prima donna ad essere assunta nella redazione dello “Stuttgarter Neus Tagblatt”, il quotidiano della sua città, ma queste sono note di colore per appassionati – che rimasta vedova a poco più di trent’anni fu costretta a lasciare la Germania con i figli nel 1936 per sfuggire alle persecuzioni naziste. Jella infatti, tra le altre cose, era ebrea.

Dopo aver passato gli anni di guerra a Londra, dando prova di un coraggio e una forza di volontà non da poco, in Germania decise anche di tornare, nell’autunno del 1945, in qualità di “Special Adviser for Women’s and Youth Affairs” su incarico della Forza d’occupazione americana.

Ed è qui che inizia la storia che ci interessa raccontare, la storia che la stessa Lepman racconta nel suo libro.

«E se dovesse rinascere, cosa le piacerebbe di più essere? Un uomo o una donna?».
A pormi questa domanda era un colonnello dell’esercito d’occupazione americano. […] Ero seduta accanto a lui in quell’invenzione diabolica chiamata sedile anatomico, era il 29 ottobre del 1945 e il nostro aereo militare stava volando da Londra a Francoforte.

In un’Europa ferita e coperta di macerie, Jella Lepman vide nei libri per bambini e per ragazzi dei possibili messaggeri di pace, un mezzo per avvicinare i Paesi, in guerra fino a pochi mesi prima, e soprattutto per formare giovani – prima di tutto tedeschi – “nuovi”, con una mentalità più aperta e meno difficile da plagiare.

Non è un caso se i regimi autoritari – i nazisti, certo, ma anche gli Khmer Rossi in Cambogia negli anni ‘70 o i Talebani recentemente – hanno sempre guardato ai libri con sospetto, limitandone o vietandone la diffusione. Non è un caso se hanno cercato di tenere le persone nell’ignoranza. Una persona che non sa leggere, una persona che non ha accesso ad altro che le letture approvate dal regime sarà una persona più facile da controllare e da indottrinare. Una persona acculturata, invece…

Per concessione di Stiftung Internationale Jugendbibliothek

Portato avanti in mezzo a mille difficoltà, da quelle pratiche del dopoguerra – quando in Germania mancavano cibo, vestiti e case, un po’ difficile pensare di parlare alla gente di libri! – a quelle burocratiche, il progetto di Jella Lepman è diventato una splendida realtà.

Nel luglio del 1946 venne inaugurata a Monaco di Baviera la mostra internazionale di libri per bambini, che viaggiò poi in molte altre città. Nel 1949, partendo dai libri donati per la mostra, è nata la Internationale Jungendbibliothek e poi, nel 1953, la International Board on Book for Young People (IBBY), ancora oggi la più importante organizzazione per la diffusione della letteratura per bambini e la promozione della lettura. Certo, gli esiti sono un po’ diversi da quelli che la creatrice avrebbe auspicato, ma la brillantezza dell’idea e il coraggio di chi l’ha realizzata restano.

Per concessione di Stiftung Internationale Jugendbibliothek

Tra le molte cose che colpiscono del libro della Lepman – dalla prosa acuta, ironica, giornalistica alle descrizioni vivide e sentite della Germania distrutta, dai ritratti schietti dei personaggi dell’epoca che fanno venir voglia di saperne di più ad alcuni aneddoti incredibili – c’è il suo impegno in favore dei bambini.

Jella Lepman non voleva realizzare un centro di studi sull’infanzia e sulla letteratura per l’infanzia, ma un luogo di ritrovo dove bambini e ragazzi potessero esprimersi (vedi i laboratori di arte, tanto osteggiati da chi di dovere), imparare (vedi i corsi di lingue), confrontarsi (geniale l’idea delle Nazioni Unite dei bambini).

In un mondo dove mancava persino l’essenziale, pensare di risolvere qualcosa con ambasciatori come Alice nel Paese delle Meraviglie, Babar l’elefantino, il barone di Munchhausen era pura utopia. Ma questo non ha fermato Jella Lepman, che armata di brochure informative, cataloghi e tanta forza di volontà ha realizzato l’impossibile.

Per concessione di Stiftung Internationale Jugendbibliothek

Al di là dell’ambito specifico, credo sia questo il messaggio più bello e profondo di “Un ponte di libri”: nessuna impresa è impossibile, se si è pronti a impegnarsi per realizzarla, a mettersi in gioco in prima persona, a rischiare. Un mondo migliore è davvero possibile, volendo.

Già in molti angoli della Terra i bambini tenevano in mano gli stessi libri e s’incontravano su un ponte di libri. Era solo un inizio, ma le cui possibilità sembravano illimitate. Prima il mondo del dopoguerra, adesso i paesi in via di sviluppo e un giorno, chissà, una spedizione sulla Luna! La luna aveva sempre interessato i bambini, quindi non era che una conclusione logica…

 

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