“Una madre, una figlia”: un ritratto senza concessioni del Ciad di oggi

Il racconto preciso, semplice e toccante delle vicissitudini di una madre e di una figlia

Un film di Mahamat-Saleh Haroun. Con Achouackh Abakar, Rihane Khalil Alio, Youssouf Djaoro. Drammatico, 100′. Francia, Paesi Bassi 2021

A N’Djamena, capitale del Ciad, niente è facile per le donne, soprattutto per Amina che alleva una figlia adolescente da sola. Non ha un marito Amina e non ne vuole. Ragazza madre, che ha rifiutato di piegarsi alle convenzioni, ha pagato a caro prezzo (l’esclusione dalla sua famiglia) il suo desiderio di indipendenza. Per assicurare un avvenire a Maria, Amina lavora duro, smontando pneumatici da cui estrae un filo metallico che ricicla intrecciando cestini. Panieri artigianali che poi vende per strada, battendo sul tempo la concorrenza ed eludendo le attenzioni morbose di un vicino di casa, che vorrebbe sposarla, e la predica dell’imam, che non approva il suo nubilato. Maria intanto cova un segreto e una gravidanza che vuole interrompere malgrado i tabù. Amina decide di sostenere sua figlia combattendo al suo fianco la sua battaglia.

 

Per una madre intenzionata a salvare la figlia niente è impossibile. Basterebbe questa frase per racchiudere il senso ultimo e profondo di “Una madre, una figlia” (Lingui) di Mahamat-Saleh Haroun, presentato in concorso al Festival di Cannes e adesso al London Film Festival.

Nel Ciad musulmano contemporaneo, Amina (Achouackh Abakar Souleymane) è riuscita a ritagliarsi una propria indipendenza nonostante abbia avuto una figlia, Maria (Rihane Khalil Alio), fuori dal matrimonio e sia stata per questo rinnegata dalla famiglia. Amina non si è piegata alle difficoltà e lavora duramente per dare un futuro migliore alla figlia adolescente.

Maria è il centro della vita di Amina, e quando la ragazza le rivela di essere incinta e di non voler tenere il bambino si schiera dalla sua parte, nonostante la problematicità della situazione. In Ciad l’aborto è illegale, condannato severamente dall’Islam. Le due donne, madre e figlia, iniziano allora un difficile viaggio nel mondo clandestino di levatrici e medici…

La struttura narrativa di “Una madre, una figlia” è semplice; lo stile del regista essenziale ma sicuro. La performance della coppia formata da Achouackh Abakar Souleymane e Rihane Khalil Alio vale da sola metà prezzo del biglietto, vista la bravura e l’alchimia artistica e umana tra le due attrici. 

Un film a forte trazione femminile, che esalta lo spirito di sorellanza delle donne islamiche. Unite le donne possono cambiare il loro destino e persino farsi beffa degli uomini e punirli, se responsabili di violenze. Come ci mostra il bel finale, tutte le Maria del mondo possono guardare con fiducia al futuro, se hanno al loro fianco madri con la forza e il coraggio di Amina.

 

Il biglietto da acquistare per “Una madre, una figlia” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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