“Una vita da ricostruire”: recensione del romanzo di Brigitte Riebe

Fazi editore pubblica il primo capitolo della trilogia tedesca "Le sorelle del Ku'damm"

Tre sorelle, la Berlino del dopoguerra, un negozio di moda che risorge letteralmente dalle ceneri: sono questi gli ingredienti principali – ma certamente non i soli! – di Una vita da ricostruire, primo capitolo della trilogia “Le sorelle del Ku’damm” di Brigitte Riebe, edita da Fazi.

Berlino, maggio 1945: è l’ora zero. Il vecchio mondo è finito. La città è ridotta a un cumulo di macerie, così come le anime dei suoi abitanti. La villa dei Thalheim, agiata famiglia di commercianti, è stata requisita e il loro negozio di abiti è stato bombardato. Le tre sorelle Rike, Silvie e Florentine, detta Flori, trascinate dalla determinazione della maggiore, imprenditrice nata, decidono di provare a realizzare un sogno: riaprire l’attività di famiglia, riportare colore nella tetra Berlino del dopoguerra con tessuti sofisticati e abiti alla moda.

Riesumate le Singer, le forbici da sarta, i vecchi cartamodelli e le preziose stoffe che Rike aveva saggiamente nascosto insieme al padre, le ragazze si rimboccano le maniche e nel giro di poco tempo le loro creazioni sono sulla bocca di tutti. Ma i tempi nuovi portano nuovi problemi: oscuri segreti inaspettatamente rivelati gettano una luce ingloriosa sull’attività e sulla famiglia, mettendo tutte a dura prova.

Nel periodo del lancio di “Una vita da ricostruire“, uscito in libreria il 18 marzo, da più parti si è voluto accostare questo romanzo – e questa trilogia – a un’altra trilogia tedesca edita da Fazi, quella di Carmen Korn (composta da “Figlie di una nuova era”, “È tempo di ricominciare”, “Aria di novità”). 

Dopo aver letto il libro, personalmente penso che il parallelismo sia forzato. Al di là dell’ambientazione – anche se lì siamo ad Amburgo, qui a Berlino -, del periodo storico – la Korn inizia con gli anni ’20, la Riebe con il dopoguerra – e del fatto che si tratti in entrambi i casi di saghe familiari, penso che tra le due opere ci sia un mondo. 

I libri della Korn, permettetemi l’espressione, sono decisamente più “seri”, più dolorosi, più sofferti. La Riebe, invece, affronta la materia con uno stile molto più “allegro” e leggero, mescolando all’ossatura da romanzo storico spunti romantici, misteri, suggestioni quasi da thriller ante litteram.

Tutto è più inquadrato e più netto, nella trilogia della Korn. I personaggi sono molto più rigorosi, più “storici” e distanti. In “Una vita da ricostruire“, invece, si respira in un certo senso un’aria più moderna – e anche lievemente più frivola. Passioni e amori, per la Korn, erano solo punti di passaggio nel racconto di un quadro più ampio. La Riebe, invece, costruisce il suo romanzo proprio a partire dai suoi personaggi e da ciò che provano, e tutto il resto viene di conseguenza.

In più, questo è anche un romanzo sulla moda del dopoguerra, un romanzo che racconta la rinascita di un’attività commerciale nello specifico e di un settore intero come quello tessile e manifatturiero. E da questo punto di vista offre molti spunti interessanti, così come sulle prime fasi della divisione tra Germania est e Germania ovest, e tra le due parti di Berlino, e sulla vita delle donne nel dopoguerra. 

Insomma, a che serve fare paragoni?! Per come la vedo io, la narrativa è bella proprio perché è varia, ricchissima di autori interessanti e di storie meritevoli di essere raccontate. Quella delle “sorelle del Ku’damm” sicuramente lo è. Vedremo nei prossimi due libri come si svilupperà – perché su Rike abbiamo scoperto molto, ma sono curiosa di capire se verranno altrettanto approfonditi i personaggi di Silvie e di Flori. 

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