“Una volta è abbastanza”: recensione del romanzo di Giulia Ciarapica

Rizzoli pubblica l'inizio di una storia familiare profondamente inserita nell'Italia del dopoguerra

Dopo aver finito Una volta è abbastanza di Giulia Ciarapica, edito da Rizzoli, confermo quanto pensato fino a oggi: non si dovrebbero mai leggere due libri troppo simili uno dopo l’altro, soprattutto se il primo ti è piaciuto in modo particolare. Perché per quanto uno cerchi di essere obiettivo e distaccato, non fare confronti è praticamente impossibile…

Dopo “I leoni di Sicilia” di Stefania Auci (di cui vi ho parlato in questo post) ho deciso di imbarcarmi nella lettura di un’altra saga familiare italiana, ambientata questa volta nelle Marche, nel piccolo borgo di Casette d’Ete, a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale.

Annetta e Giuliana sono sorelle: tanto è eccentrica e spavalda la maggiore – capelli alla maschietta e rossetti vistosi, una che fiuta sempre l’occasione giusta – quanto è acerba e inesperta la minore, timorosa di uscire allo scoperto e allo stesso tempo inquieta come un cucciolo che scalpita nella tana, in attesa di scoprire il mondo.

Nonostante siano così diverse, l’amore che le unisce è viscerale. A metterlo a dura prova però è Valentino: non supera il metro e sessantacinque, ha profondi occhi scuri e non si lascia mai intimidire. Attirato dall’esplosività di Annetta, finisce per innamorarsi e sposare Giuliana. Insieme si lanciano nell’industria calzaturiera, dirigendo una fabbrica destinata ad avere sempre più successo. E insieme ai successi, arrivano i figli, i tradimenti, gli scontri…

Come dicevo, non fare paragoni tra i due romanzi che ho letto uno dopo l’altro è stato quasi impossibile. Tanto mi sono innamorata dello stile asciutto, pulito, quasi cronachistico della Auci, tanto ho trovato quello della Ciarapica troppo romanzato, ripetitivo e, purtroppo, pesante. Arrivare alla fine del libro è stato faticoso, lo ammetto.

Colpa, da una parte, degli inserti – troppi e troppo lunghi – di dialetto marchigiano che ho faticato a comprendere, dall’altra della costruzione della storia che si concentra troppo sui personaggi, su quello che provano e che pensano a discapito della fluidità del racconto stesso. La storia è profondamente collegata a un luogo e a un periodo storico, eppure è come se tutto restasse sullo sfondo.

Giuliana e Annetta occupano il centro della scena, eppure nemmeno per questi due personaggi ho provato una particolare simpatia. Si parla di loro, sempre di loro e continuamente di loro, eppure questo non basta per rendercele simpatiche. Peccato, perché invece le prime pagine, quando conosciamo la sorella maggiore intenta a rubare pesche per sfuggire alla fame del dopoguerra, lasciavano ben sperare.

Se ci sono due aspetti che non mi fanno considerare “Una volta è abbastanza” un fiasco totale sono il suo realismo, e il finale. La Ciarapica non indora la pillola, non racconta la storia di una famiglia fortunata a cui non succedono mai disgrazie né tragedie (come a tratti mi erano sembrati i Florio), tutt’altro. In questo romanzo succede di tutto, a tutti i personaggi. Ci sono morti ingiuste, aborti, suicidi, litigi. Non è tutto rose e fiori, e questo è un pregio – perché la storia non sembra mera finzione, ma parla di vita vissuta.

Il finale è la parte che mi più mi ha convinta. Dopo un andamento lento, quasi letargico, nelle ultime pagine la storia si mette in moto e il ritmo aumenta in modo vertiginoso, fino alla chiusura, che lascia aperta la strada per un probabile sequel. Che nonostante tutto leggerò con curiosità.

 

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