“Undine – Un amore per sempre”: un film emozionante ma ermetico

Petzold rielaborare alla sua maniera la figura mitologica dell'ondina, ma il risultato lascia perplessi

Un film di Christian Petzold. Con Paula Beer, Franz Rogowski, Maryam Zaree, Jacob Matschenz,
Gloria Endres de Oliveira. Drammatico, 90′. Germania, Francia 2020

Undine lavora come storica presso il Märkisches Museum di Berlino: il suo compito è spiegare ai visitatori i plastici che raffigurano la città nei suoi progressivi stadi evolutivi. Undine è appena stata lasciata da Johannes, nonostante lui abbia giurato di amarla per sempre. All’improvviso, però, nel bar del museo compare il sommozzatore Christoph, ed è amore a prima vista. Undine ricostruisce la sua vita come Berlino ha ricostruito molteplici volte se stessa, ma una sera Christoph la chiama infuriato perché si sente tradito, dal momento che non gli mai rivelato l’esistenza di Johannes. Come farà Undine a ricucire con Cristoph? E riuscirà a vendicarsi di Johannes, come aveva promesso prima di essere abbandonata?

 

Le recensioni di titolati colleghi su “Undine – Un amore per sempre” di Christian Petzold, presentato lo scorso febbraio alla Berlinale, evidenziano come si tratti di un film destinato a dividere il pubblico. C’è chi lo amerà, e chi invece vorrà indietro i soldi del biglietto.

Personalmente ho difficoltà a prendere una posizione netta, perché alla fine della visione mi sono ritrovato con più dubbi che certezze.

Certo è che il regista ha provato a rielaborare alla sua maniera la figura mitologica dell’ondina, creatura marina del folklore europeo, con una storia d’amore e vendetta che si sviluppa a Berlino, co-protagonista del film e non solo sfondo passivo.

Ma ci sono diversi elementi che convincono poco. Lo spettatore fatica a trovare una logica e un senso in quello che vede, e alla fine si rassegna al fatto di capire poco e sentire soltanto a pelle. La sceneggiatura – dove si mescolano mitologia, storia d’amore, urbanistica – risulta eccessivamente stratificata e simbolica, emotivamente poco coinvolgente.

La messa in scena è elegante, onirica, creativa, ma spesso anche respingente e dilatata nei tempi e nel ritmo. Lo sguardo malinconico di Paula Beer (credibile e potente nella sua performance) cattura l’attenzione del pubblico, ma poi il finale lo spiazza, con la sua poca coerenza con quanto visto in precedenza.

Un film che è una bella prova autoriale ma che come storia d’amore eterno convince il giusto. Di sicuro mi sento di consigliare a chi vorrà vederlo di recuperare il mito d’origine, quello dell’ondina, così da avere le idee più chiare.

 

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