“Why are we creative?”: seguendo il filo di Arianna in un labirinto esistenziale

Il documentario di Herman Vaske, frutto del lavoro di oltre 30 anni, presentato alle Giornate degli autori di Venezia 75

Un film di Herman Vaske. Documentario, 82’. Germania 2018

In oltre 30 anni di incessante ricerca Hermann Vaske ha girato il mondo intero, incontrato le più diverse personalità, frequentato i festival di cinema, le mostre d’arte, i simposi internazionali per porre ad artisti e intellettuali la stessa domanda: “Perché siamo creativi?”. Alcune delle folgoranti risposte di vincitori del Nobel o dell’Oscar, protagonisti della scena e del cinema, furono presentate molti anni fa in una mostra. Adesso il viaggio è finalmente completato (temporaneamente) e il film vero e proprio vede la luce alla Mostra di Venezia.

 

Il docufilm di Hermann Vaske “Why are we creative?” propone una brillante Odissea, vista in senso meno omerico e più come un intricato viaggio all’interno di un grande punto interrogativo: perché siamo creativi?

Il risultato del progetto, che ha richiesto oltre trent’anni di lavoro, è un prodotto ben riuscito e coinvolgente; quasi un saggio con una tesi da confutare e una missione che il regista ha preso sulle sue spalle, tenendo sempre in mano il filo di Arianna, per non perdersi.

In un patch work di interviste ad architetti, designer, politici, fisici, artisti, realizzate tra viaggi per il mondo e colpi di fortuna e bravura, Vaske pone il dilemma a grandi nomi come David Bowie, Marylin Manson, il Dalai Lama, Nelson Mandela, Stephen Hawking, Quentin Tarantino, Asia Argento e molti altri.

Il cosiddetto “dilemma del millepiedi” viene menzionato da da uno degli intervistati che, alla domanda: perché lei è creativo?, risponde che un millepiedi non si domanda perché tutte le sue gambe funzionino. Se lo facesse, mettendo in dubbio la sua stessa natura, probabilmente cadrebbe rovinosamente a terra. Così, il creativo è tale in quanto parte della sua natura umana.

Molti intervistati hanno risposto di non saper spiegare cosa fosse per loro essere creativi, da dove venisse la loro ispirazione né in cosa si sentissero diversi da gli altri. Per altri, invece, il processo creativo è un tratto a cui l’essere umano non può sottrarsi, creatività è anche quella di un elettricista o un carrozziere impegnato nel suo lavoro quotidiano.

“Why are we creative?” è una scultura che cambia forma strada facendo, scalfita ora dolcemente ora in modo più brutale da convinte affermazioni.

Uno degli interventi più interessanti è quello di David Lynch che, dopo aver risposto sbrigativamente che la creatività è parte dell’uomo, per spiegarsi meglio usa una metafora che arriva dritta dal suo celebre “Strade perdute”. Far emergere la verità dalle tenebre è un processo necessario, che richiede tempo, strumenti e possibilità. È un po’ come la strada percorsa da un’auto di notte, che si svela progressivamente, illuminata dai fari.

Come dire che il processo creativo è una luce che fa luce sul mistero della vita, che porta, se non coerenza, almeno chiarezza.

 

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