“Willow”: tre storie, tre donne, un identico desiderio di maternità

Milcho Manchevski dirige un dramma che si muova tra passato e presente, e parla al cuore

Un film di Milcho Manchevski. Con Sara Klimoska, Natalija Teodosieva, Kamka Tocinovski,  Nenad Nacev, Nikola Risteski. Drammatico, 101′. Macedonia, Ungheria, Belgio, Albania 2019

Tre storie, tre insolite eroine. Nel medioevo, in Macedonia, una donna anziana si offre di aiutare una coppia che non riesce a concepire, a patto che le lascino tenere il primogenito. Un tassista investe un uomo in strada. Seduto sul marciapiede, sotto la pioggia, aspetta la polizia. Colpita dalla sua onestà, Rodna gli offre un ombrello. Tre anni dopo i due sono sposati, ma non possono avere figli, finché non provano la fecondazione in vitro. Rodna resta incinta di due gemelli, ma scopre che uno dei due nascerà deforme. Il marito è contrario all’aborto, e lei si trova davanti a una scelta difficile. La sorella di Rodna ha adottato un bambino di cinque anni. È molto intelligente, ma non dice una parola. E un giorno, improvvisamente, sparisce.

 

Le protagoniste di “Willow” (Vrba), presentato in concorso alla Festa del cinema di Rona, sono tre donne, con tre storie diverse ma accomunate da un unico filo conduttore, quello della maternità, in ogni forma possibile.

Parte dal Medioevo, il racconto di Milcho Manchevski, dalla scaramanzia che sembrava proteggere quanto affliggere gli uomini dell’epoca, e arriva fino a giorni nostri dove, in modo quasi incredibile, alcune delle vecchie credenze sembrano persistere.

Il ritorno di certi elementi – ad esempio il salice, willow in inglese (da qui il titolo del film), che nella prima storia viene utilizzato per costruire un flauto, mentre nella seconda viene piantato nel giardino di casa, ma anche alcuni interpreti – è ciò che più affascina, e  crea una connessione tra due epoche diverse eppure tanto similari.

Le protagoniste, interpretate in modo brillante da Sara Klimoska, Natalija Teodosieva e Kamka Tocinovski, sono tutte e tre spinte da un desiderio fortissimo di maternità, costi quello che costi. Le loro storie, anche se non ci appartengono, hanno caratteristiche talmente comuni da risultare comunque comprensibili.

 

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Concetta Piro
Nata a Napoli, a otto anni si trasferisce in provincia di Gorizia dove si diletta di teatro. Torna nella sua amata città agli inizi del nuovo millennio e qui si diploma in informatica e comincia a scrivere - pensieri, racconti, per poi arrivare al primo romanzo, "Anime". Nel frattempo ha cambiato di nuovo città e scenario, trasferendosi nelle Marche. Oggi conduce per RadioSelfie.it "Lo chiamavano cinema", un approfondimento settimanale sulla settima arte, e scrive articoli sullo stesso tema.

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