Xavier Dolan: “I miei personaggi non sono outsider ma combattenti”

Il regista e attore canadese si racconta in un lungo Incontro Ravvicinato alla Festa del cinema di Roma

di Alberto Leali

 

Xavier Dolan, l’enfant prodige del cinema canadese, che ormai da qualche anno incanta pubblico e critica conquistando premi ad ogni festival a cui partecipa, si mette a nudo per il pubblico della Festa del cinema di Roma.

L’incontro con il talentuoso regista e attore si prolunga un’ora più del previsto, a dimostrazione della profonda ammirazione che l’autore suscita negli spettatori e anche nel direttore artistico del festival Antonio Monda, che ha condotto l’evento.

Xavier inizia svelando, a sorpresa, la sua predilezione per la recitazione rispetto alla regia.

Mi manca fare l’attore, anche se, dirigendo, apprendo molto dagli attori che lavorano sui miei set. Mi piacerebbe recitare di più, nei miei film, o in quelli degli altri”.

D’altronde Dolan ha iniziato il suo percorso da cineasta proprio per realizzare il sogno di diventare attore.

“Nel mio primo film, J’ai tué ma mère, sentivo la necessità di raccontare una storia che mi apparteneva, ma non avevo fatto alcuna scuola di cinema, anzi avevo lasciato il liceo ed ero disoccupato. Volevo fare l’attore, ma sapevo che nessuno mi avrebbe preso; allora ho pensato di scrivere una sceneggiatura sulla mia vita e di rendermi protagonista del mio stesso film. Per farlo, ho dovuto investire tutti i miei soldi e solo gli attori mi son stati vicini e hanno creduto nel progetto”.

Il regista e attore canadese Xavier Dolan.

Dolan è noto per i virtuosismi della regia, per lo stile fiammeggiante e libero, per la mescolanza di autorialità, pop e kitsch.

“Noi registi amiamo il piano sequenza e i virtuosismi registici, ma per la troupe è una grandissima sfida, occorre molta concentrazione e spesso accade che, nonostante gli sforzi, la scena non funzioni. È importante però che questo tipo di scene non prendano mai il sopravvento sulla storia, e che non schiaccino l’ azione. La storia per me viene sempre prima di tutto“.

Dolan si sofferma anche a parlare del cinema che ama.

“Dico con molta sincerità che nella mia vita ho visto qualche film, ma non tantissimi. Spesso, infatti, mi capita di deludere chi mi parla di capolavori che io non ho mai visto; so che dovrei colmare alcune mancanze della mia cultura cinematografica. Quando ho iniziato il mio percorso artistico, mi è capitato di leggere un libro dal titolo Still like an artist, che ho trovato molto interessante. Parla dell’immaginazione, dà consigli per diventare artisti: lì ho trovato preziosi suggerimenti e citazioni e ho compreso che rubare, artisticamente parlando, è naturale e spontaneo (lo diceva anche Francis Ford Coppola!), perché all’inizio non sai di farlo, non essendo ancora consapevole di te stesso. Penso di aver smesso di “rubare” dal mio film Tom à la ferme, perché ho capito meglio me stesso, dopo tanti prestiti ed errori”.

Una scena del film “È solo la fine del mondo”, con cui Dolan ha vinto il Grand Prix a Cannes 2016

Dolan scherza inoltre sul suo amore profondo per “Titanic” di James Cameron.

“È un prodotto grandioso, per effetti speciali, attori, costumi, scenografie, un capolavoro dell’intrattenimento moderno, anche se molti lo snobbano. Una sera il mio agente mi ha portato a un incontro con personalità influenti del mondo del cinema, come Sean Penn, Ron Howard, Charlize Theron e altri. Ognuno di noi ha parlato dei film che ci hanno ispirato e io ho pensato, prima del mio turno: “Cosa diranno quando citerò Titanic?”. Certo, non è un’opera che segnali in un contesto intellettuale, ma io guardo i film col cuore e non col dizionario in mano, e Titanic mi ha insegnato a sognare”.

Tra i suoi film preferiti, Dolan cita però due chicche: “Birth” di Jonathan Glazer, per la capacità di racchiudere in un’unica lunga sequenza tutto ciò che accade nell’animo tormentato di una donna, e “Misterious skin” di Gregg Araki, che racconta il modo diverso con cui due ragazzi reagiscono a una violenza subita durante l’infanzia. Ma il film che ha più amato negli ultimi tempi è l’italiano “Chiamami col tuo nome” di Luca Guadagnino.

“È un film tenero, potente, saggio, profondo, che cambia il tuo modo di guardare l’amore. In particolare, ti insegna molto sul dolore amoroso e in qualche modo lo celebra. Mi sono sentito profondamente compreso. Molti miei film sono nati quando avevo il cuore spezzato“.

Xavier Dolan sul palco della Festa del cinema di Roma (2017)

Dolan analizza infine i personaggi delle sue opere.

“Molti film amano rappresentare gente ai margini, reietti a cui non viene offerta alcuna chance. Io invece amo i combattenti, i sognatori, chi ha una speranza e lotta per essere ciò che è o vuole essere. I miei personaggi non sono mai dei perdenti, pur se non riescono nel loro intento. Sono persone che cercano di trovare un loro spazio e che, se non ce la fanno, non hanno colpa”.

 

Previous article“Sirene – La serie”: Rai1 lancia la sfida fantasy. E Salani pubblica il libro
Next article“Origin”: con il professor Langdon alla scoperta delle origini della vita
Parole a Colori
Un portale d’informazione che si occupa di cultura e spettacolo a 360°, con un occhio di riguardo per il mondo dei libri e dell’editoria, per il cinema, la televisione, l’arte.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here