“You have the night”: un esercizio di stile per una storia intensa

L'opera prima di Ivan Salatić mostra un’attenta cura per la fotografia, per il dettaglio e l’immagine

Un film di Ivan Salatić. Con Ivana Vuković, Momo Pićurić, Nikola Stojanović, Luka Petrone. Titolo originale: Ti imaš noć. Drammatico, 82’. Montenegro, Serbia, Qatar 2018

Dopo aver abbandonato la nave su cui lavora, Sanja si trova alla deriva, senza un posto in cui andare e può solo tornare a casa. Il cantiere navale ha dichiarato bancarotta, lasciando molti operai senza lavoro. Le barche coperte dai teloni punteggiano il paesaggio, messe da parte in attesa di giorni migliori. Arriva una tempesta e una vita è persa. Nel bosco Luka aspetta la notte. La notte in cui tutto potrebbe cambiare.

 

Il film del regista croato Ivan Salatić, “You have the night” (Ti imaš noć) presentato alla Settimana internazionale della critica 2018 a Venezia è un interessante esercizio di stile, che poggia su una storia semplice ma intensa.

La protagonista del film, Sanja (Vuković), è costretta a lasciare la nave su cui ha vissuto e lavorato per anni a causa della chiusura del cantiere navale. Forzata a tornare a una realtà che non le appartiene più, alla sua gente che la guarda con occhi diversi, dovrà riprendere in mano la vita che ha abbandonato. E anche quella di suo figlio. Finché la notte e le sue ombre si abbatteranno su di lei ancora una volta e sarà costretta a prendere nuovamente una dura scelta.

L’esordio nel lungometraggio di Salatić mostra un’attenta cura per la fotografia, per il dettaglio e l’immagine. Piani sequenza, immagini statiche e montaggi analitici producono un curioso gioco stilistico. Questo, però, per quanto interessante sembra anche sovrastare tutto il resto, sacrificando la storia.

Il personaggio di Sanja è definito dalle azioni che compie, dalle decisioni che prende. Queste scandiscono l’essenza e il ritmo del film, insieme al ticchettio persistente della pioggia.

A volte sembra quasi di sentire l’odore del pesce nella stretta cucina, le gocce d’acqua che battono contro la finestra, altre di trovarsi nel porto cittadino. Queste sensazioni sono il risultato di un sapiente uso della macchina da presa che finisce per coinvolgere lo spettatore ma non abbastanza da farlo empatizzare con la protagonista.

Un’opera prima intrigante, con qualche limite ma che offre buoni spunti di riflessione.

 

Previous article“Acusada”: Lali Espósito sotto processo nel film di Gonzalo Tobal
Next article“Cambio di rotta”: storie intrecciate nel bel mondo degli anni ’50
Sofia Peroni
Classe 1996, marchigiana d’origine, studia comunicazione a Roma e ha trovato il modo di coniugare la passione per il cinema e quella per la scrittura... Come? Scrivendo sul e per il cinema dal 2015. Ha all'attivo diverse esperienze sul set, con registi del calibro di Matteo Garrone, e sogna un giorno di veder realizzato il suo film.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here