“A bocce ferme”: un cold case per i vecchietti del BarLume

Sellerio pubblica il settimo volume della serie di Marco Malvaldi, che unisce humor toscano e noir

Se c’è una cosa che apprezzo della serie del BarLume di Marco Malvaldi – e che ho apprezzato anche in A bocce ferme, settimo capitolo edito da Sellerio – è la capacità di far ridere pur raccontando fatti di sangue.

L’autore ha fatto della mescolanza tra noir e humor – complice anche l’uso della lingua toscana, con le sue espressioni colorite e caratterizzate – un marchio di fabbrica, ed è proprio questo connubio riuscito di dramma e leggerezza che rende la serie del BarLume tanto esilarante e piacevole.

Questa volta i quattro vecchietti fin troppo arzilli si trovano di fronte a un’indagine particolare, un vero e proprio cold case – chissà poi se lo conoscono, Ampelio, Aldo, il Rimediotti e il Del Tacca questo termine – risalente agli anni ‘70.

Nel suo testamento Alberto Corradi, proprietario dell’azienda farmaceutica Farmeis, confessa di essere il responsabile dell’assassinio di Camillo Luraschi, avvenuto nel 1968 e rimasto senza colpevole. Il commissario Martelli indaga.

Come di consueto, i vecchietti, nessuno li chiama in causa, ma si sa, la pensione ha i suoi contro e c’è un limite al numero di partite a carte che si possono fare seduti ai tavoli del Bar prima di cominciare ad annoiarsi.

Romanzo avvincente, “A bocce ferme” si legge in un lampo, senza mai smettere di ridere. Consigliato agli amanti del genere giallo che non vogliono però rinunciare a una buona dose di leggerezza. Soprattutto in estate.

 

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