“Cobweb”: un atto d’amore per il cinema, ricco di gag e riferimenti

Kim Jee-woon sintetizza vizi e virtù della stagione più fortunata del cinema sudcoreano

Un film di Jee-woon Kim. Con Song Kang-ho, Yeo-bin Jeon, Woo-sung Jung, Kim Min-jae, Jeong-se Oh. Drammatico, 135′. Corea del Sud, 2023

Il regista Kim Ki-yeol sembra avere perso il tocco, dileggiato dalla critica e obbligato a firmare produzioni di routine per non scontentare i committenti. A seguito di un incubo, si convince a rigirare il segmento finale di “Cobweb”, certo di aver ritrovato l’ispirazione perduta. Ha così inizio un caotico tentativo, fatto di sotterfugi e inganni, per convincere la produzione a riaprire il set e la commissione politica ad accettare i radicali cambiamenti della trama.

 

Le nevrosi del regista, i capricci degli attori, gli amori e i pettegolezzi di un set non conoscono scadenza né temporale né spaziale. Perché il set non è che un microcosmo che ripropone in piccolo situazioni e spaccati della vita reale.

“Cobweb” del regista sudcoreano Jee-woon Kim racconta l’incubo di qualsiasi produttore: girare una seconda volta parte di un film, il finale nello specifico, su esplicita richiesta del regista sull’orlo di una crisi di nervi.

Lo spettatore entra in questo folle, colorato e imprevedibile set, dove i tecnici e gli attori vengono richiamati d’urgenza per dare un senso diverso alla pellicola, anzi renderla un capolavoro, come sostiene il regista. Dovranno convivere per 48 ore, tra perplessità e fiducia.

Il piano è ambizioso quanto folle, e per realizzarlo si dovranno convincere anche i produttori scettici e i funzionari ministeriali, sempre pronti a revocare il via libera e far scattare la censura.

Il sacro furore artistico alla fine sembra travolgere tutti, anche il pubblico, che trova una buona connessione con il cast e con la storia. Un film godibile, per quanto non esente da limiti strutturali e affetto da un ritmo discontinuo.

Un film sul cinema per il cinema, che molto probabilmente per gli appassionati del genere diventerà un cult.

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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