“Indiana Jones e il quadrante del destino”: un convincente atto finale

Harrison Ford è in forma nonostante l'età in questo film che mescola avventura e pathos

Un film di James Mangold. Con Harrison Ford, Phoebe Waller-Bridge, Antonio Banderas, John Rhys-Davies, Toby Jones. Avventura, 142′. USA 2023

Indiana Jones ha appeso il cappello e da qualche anno insegna archeologia all’università di New York. In attesa di un divorzio, si trascina al lavoro e dentro una vita ordinaria. Alla vigilia della conquista della Luna, riceve la visita di Helena Shaw, figlia di un vecchio amico ucciso dalla sua ossessione: la macchina di Anticitera, congegno meccanico concepito da Archimede per trovare buchi temporali. La metà del quadrante riposa da anni negli archivi di Indiana Jones, dopo averlo sottratto ai nazisti sconfitti nel 1944. Tornata dal suo passato, Helena vorrebbe recuperare il curioso reperto per venderlo a un’asta in Marocco. A pedinarla, bramando lo stesso bene, è Jürgen Voller, ex nazista che ha partecipato al progetto Apollo 11 sotto falso nome. (Ab)battuto anni prima da Indiana Jones su un treno in corsa, vuole rintracciare le due parti del quadrante e viaggiare nel tempo cambiando il corso della Storia.

 

Come ben saprete se seguite le mie avventure festivaliere, con “Indiana Jones e il quadrante del destino” avevo un conto in sospeso sin da Cannes, quando il sonno e il mio badge giallo mi avevano escluso dalla première stampa delle 8.30 del mattino.

Ho rimediato al buco assistendo all’anteprima italiana, nell’affascinante location del Teatro antico di Taormina. E devo dire che il quinto film della saga non ha deluso le aspettative dei fan storici, ma è anche riuscito parzialmente a ingraziarsi il pubblico più giovane.

La pellicola riprende il taglio delle precedenti avventure dell’archeologo/avventuriero: classico, lineare, magari prevedibile in alcuni passaggi ma sorretto da un buon ritmo e da alcuni colpi di scena ben inserti nella sceneggiatura.

Non fatevi ingannare dall’uso dell’aggettivo classico: non è una nota di demerito quanto piuttosto l’evidente scelta del regista James Mangold di inserirsi nel solco dei precedenti, e non snaturare l’anima di un personaggio che ormai è entrato di diritto nella storia del cinema.

Indiana Jones torna alla grande, a cominciare dal prologo (forse un po’ troppo lungo!), ambientato alla fine della seconda guerra mondiale. Il tempo sembra essersi fermato, per lui, e gli amanti degli effetti speciali non potranno non apprezzare.

Passato e presente, il concetto di tempo che assume una valenza anche esistenziale e gioca un ruolo sempre più importante nella vita di Indie, tematiche di grande tendenza come il viaggio a ritroso e il tentativo di cambiare il passato…

“Indiana Jones e il quadrante del destino” cerca di combinare il classico film d’avventura con l’elemento introspettivo. Ci riesce a tratti, anche se il finale, per quanto visivamente d’impatto, lascia piuttosto interdetti. D’altra parte lo hanno dimostrato in questi anni tante pellicole: non è facile gestire con coerenza una tale quantità di spunti.

Harrison Ford è in forma, crede ancora nel suo personaggio, e lo spettatore non può non sorridere vedendolo ancora correre, gettarsi in folli inseguimenti in auto, buttarsi col paracaduto da un aereo, far schioccare l’immancabile frusta.

Un plauso convinto lo merita anche Phoebe Waller-Bridge (già famosa e premiata per le serie “Killing Eve” e “Fleabag”). Nel ruolo di Helena, figlioccia di Indiana, dimostra personalità, ironia e presenza scenica. Deludente, invece, Mads Mikkelsen nei panni del cattivo Voller, che altro non è che l’ennesimo nazista monotematico, vittima degli stereotipi del tipo.

Insomma “Indiana Jones e il quadrante del destino” è un congedo emozionante di Harrison Ford dal suo personaggio, che per quanto non abbia superpoteri mantiene sempre il proprio fascino e quella capacità più unica che rara di stupire il pubblico.

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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