Intervista all’autrice Gilda Di Nardo

Gilda Di Nardo è nata a Taranto, ma si è trasferita a Roma per studiare psicologia. Nella capitale si è poi fermata, iniziando a lavorare e proseguendo gli studi fino a specializzarsi in psicoterapia umanistica integrata.

Ha collaborare con un mensile di psicologia, con il sito dell’ASPIC, scrivendo articoli di stampo scientifico/divulgativo e recensioni di testi di settore, con il settimanale on-line “Fuori le mura”. Come ricercatrice ha pubblicato negli anni diversi testi.

Dopo le prime pubblicazioni scientifiche, per molto tempo ha scritto solo sul suo blog, unendo le passioni per la scrittura e la psicologia. Anche se non ha mai rinunciato a uno stile narrativo, il coraggio di buttarsi sulla fiction è arrivato solo nell’ultimo anno. È nato così “Giorni di crisi e tulipani“, il primo romanzo, una storia di fantasia ben calata nel reale.

Abbiamo parlato con l’autrice del suo libro di esordio, delle sue molte passioni, dei progetti per il futuro in questa intervista per Parole a Colori.

Giorni di crisi e tulipani, Gilda Di Nardo

Buongiorno Gilda. Rompiamo il ghiaccio parlando un po’ di te. Come ti descriveresti, usando solo poche parole?

Semplice ma eclettica, appassionata, riservata ma socievole, curiosa e a volte intransigente soprattutto con me stessa. Testarda, a tratti irrequieta e con diversi difetti che però non ho spazio qui per stare a elencare. Ironica. Non amo giudicare persone e scelte; farlo è del tutto naturale, ma ho imparato, forse anche per la mia professione, a prendere le distanze dal mio stesso giudizio.

Com’è nata, in te, la passione per la scrittura?

Sin da ragazzina amavo i libri e la scrittura; negli anni ho sempre buttato giù qualche riga, mettendola da parte per il futuro, e poi pian piano mi sono avvicinata a una scrittura di tipo divulgativo e scientifico legata alla psicologia, verso i 27 anni però.

Hai sempre saputo di voler fare questo nella vita? Gilda da bambina sarebbe voluta diventare…?

In ordine abbiamo: la ballerina, la donna delle pulizie, l’architetto, il medico, la parrucchiera, e poi verso i quattordici anni ho conosciuto la psicologia tramite alcune letture scolastiche e lì ho deciso davvero: “voglio fare la psicologa”. La scrittrice come mestiere non l’ho mai considerato in maniera specifica, ma ricordo bene che verso gli ultimi anni del liceo, quando ci si confrontava tra amici chiedendosi come ci si immaginava da grandi, mi dicevo “io sarò psicologa ed entro i quarant’anni avrò scritto un libro”. Quindi diciamo che fare la scrittrice da qualche parte c’era nelle mie intenzioni – forse l’idea doveva ancora svilupparsi a dovere, ecco.

Parliamo del tuo primo romanzo, “Giorni di crisi e tulipani”, uscito il 30 novembre 2015 per Sovera Edizioni. A cosa ti sei ispirata per scrivere questa storia?

Inizialmente è stata solo una storia venuta fuori dalle mie dita a partire da un’idea portante, quella di raccontare la crisi – la crisi della società, le crisi personali, la crisi economica -, collegando però tutto queste a storie del quotidiano e, a partire dal titolo, a qualcosa di leggero, robusto e fragile al contempo, un fiore, dei fiori, i tulipani, che tra l’altro sono stati al centro di una delle più grosse bolle economiche speculative della storia, come accenna anche a un certo punto uno dei personaggi. Sin dall’inizio il desiderio è stato quello di raccontare tutto con profondità e leggerezza, anche perché è così che credo vadano affrontate le crisi.

Ti va di raccontarci qualcosa della trama? Cosa devono aspettarsi i lettori da questo tuo lavoro dalla copertina molto evocativa?

Una storia che parte da una quotidianità semplice, in tempi di crisi, quella crisi che attraversa lo scenario nazionale e internazionale, di precariato; una storia in cui la protagonista, proprio entrando nella crisi, non evitandola, scopre un nuovo senso della vita. E così tra una spesa al mercato, incontri tra amici, lavoro e bollette da pagare il lettore si ritroverà ad un certo punto al centro di una misteriosa comparsa di tulipani e ne seguirà le tracce insieme ai protagonisti, a tratti col fiato sospeso.

Quanto c’è di te e della tua esperienza nel libro che hai scritto? La definiresti un’opera di completa fantasia oppure la tua vita – anche lavorativa – ha giocato un ruolo nella scrittura?

La storia è inventata, ma c’è tutto il mio mondo dentro: la passione per la fotografia, la semplicità, la schiettezza, il dolore di certi momenti di vita, alcuni ambienti lavorativi. Ma non solo, c’è anche la volontà di rappresentare una generazione di trentenni e quarantenni che vogliono trovare la loro strada e che possono farlo, e più in generale una società intera che, indipendentemente dall’età, è in crisi. E c’è la voglia di far passare una visione costruttiva della situazione contingente, e anche l’idea che fare rete con le persone in cui credi funziona.

Il libro è edito da Sovera Edizioni. Com’è stato lavorare con loro?

Un lavoro serio e organizzato, se pure a distanza.

Hai preso in considerazione anche il self publishing? Se non avessi trovato un editore pronto a credere nel tuo lavoro avresti proseguito lo stesso il tuo percorso di autrice, magari decidendo come tanti altri di fare da sé?

Non l’ho preso in considerazione, perché il mio lavoro è stato accolto da un editore, ma non escludo avrei potuto farlo. Di certo mi sarei sentita più sola, insicura, meno preparata, forse, ma non credo questo sarebbe stato un ostacolo – anzi, forse sarebbe stato uno stimolo. Oggi, anche se nessuno vuol scommettere su di te, credo valga davvero la pena provare a scommettere su se stessi e sulla propria creatività. Almeno bisogna provarci, tanto i rischi ci sono in ogni caso.

Se diciamo editoria a pagamento… ?

Ho un’idea duplice rispetto a questa che è una realtà sempre più diffusa. Non simpatizzo per la cosa, ma al contempo comprendo che il mondo dell’editoria e dell’economia ad esso legata sia stravolto e faccia fatica a reggere. Tuttavia la priorità dovrebbe rimanere la qualità e non la quantità. Poi onestamente in un mondo in cui tutto comunque viene considerato merce, mi ritrovo a chiedermi se sia davvero sbagliato pagare per pubblicare e quindi pubblicare chi ti paga, vendersi in ogni modo, una volta pubblicato gratuitamente, cercare di vendere a ogni costo e condizione etica, pur di vedere arrivare al pubblico ciò in cui si è creduto. Non so, la mia impressione è che si corra in ogni caso il rischio di una deriva “pago, perciò scrivo – pagano quindi li pubblico” versus “non pago quindi valgo e mi devo vendere – non hai pagato ma devi vendere se no non ti pubblico più”. È anche vero che non sempre grandi numeri di vendita di pubblicazioni gratuite corrispondono poi a grande qualità… Insomma, non voglio fare la puritana rispetto al tema dell’editoria a pagamento, ma la questione secondo me richiede una vigorosa riflessione etica da parte di editori e scrittori.

Prima di dedicarti alla narrativa, hai pubblicato diversi testi scientifici – affrontando il tema della comunicazione non verbale, quello dell’adozione ed altri ancora. Quanto è diverso, tecnicamente parlando, lavorare per un progetto come quelli rispetto a un romanzo? La Gilda ricercatrice ha dovuto reinventarsi per diventare scrittrice oppure il passaggio è stato naturale?

Ci sono analogie e differenze. Il lavoro, ad esempio, deve essere coerente e strutturato in ogni caso, ma di sicuro si va molto di più a zonzo per i terreni della fantasia nel secondo caso, ed è questo il divertente. Il passaggio per me è stato naturale, forse era solo il momento giusto per una scrittura narrativa e così ho usato le risorse da ricercatrice per dar voce alla fantasia.

Quanto è difficile essere un autore indipendente, nel 2016, in Italia? Le nuove frontiere dell’editoria online e i social network hanno reso più semplice arrivare al pubblico e farsi conoscere, oppure per chi non ha un grande editore alle spalle la strada è ancora molto, molto dura?

Credo sia dura, in ogni caso e ancor più per gli indipendenti, ma la mia convinzione è che le strade, per quanto impervie, vadano percorse. In ogni caso ne sarà valsa la pena, se hai qualcosa da dire e se, per quanto ti interessi ovviamente arrivare e vendere, questo non rappresenta il tuo scopo primario.

C’è un consiglio che ti sentiresti di dare, ai giovani che sognano di pubblicare un libro?

No, i consigli non mi assomigliano. Non tradire se stessi e allo stesso tempo trascendere la propria storia, tenendo presenti anche le indicazioni che senti più lontane? Per me è stata una strada, e magari per qualcuno potrà essere un consiglio utile, per altri sicuramente no.

Scrittrice, blogger, psicoterapeuta. Vivere di sola scrittura, oggi, è un’utopia, secondo te? Ci hai mai pensato? E ci sono possibilità concrete di farlo, in questo momento storico, o è meglio avere una carriera alternativa e dedicarsi alle lettere nel tempo libero?

Sono scelte. La mia vita mi ha portato ad essere un po’ tutto questo e sicuramente la mia potrebbe essere considerata una posizione più sicura rispetto al “rischio professione scrittore”. Io però, almeno al momento, non rinuncerei mai ai miei lavori paralleli per fare solo la scrittrice. Ripeto, sono scelte. Una professione dannata, quello dello scrittore, incerta, poco sicura finanziariamente? Forse, ma ogni strada ha i suoi rischi, i suoi vantaggi… e comunque sogni e utopia son due territori che vale sempre la pena visitare, secondo me.

Pubblicato il tuo primo romanzo, stai già lavorando a qualcosa di nuovo? C’è una nuova storia pronta a saltare fuori dal cassetto?

Si, c’è un nuovo romanzo che ha preso il via, un romanzo con cui torno nella mia terra d’origine, la Puglia. Credo e spero arriverò a pubblicarlo, ma non so, vedremo.

E un sogno che speri di realizzare?

Sono dell’opinione che basta un sogno alla volta, e visto che un bel po’ di sogni già li ho realizzati, sono in attesa del prossimo “sogno da sognare”, per cui al momento non saorei. Sento fondamentale per me che nella vita la dimensione del desiderio e del sogno non vengano mai a mancare, per cui, forse, se magari ci rincontreremo tra le pagine del web o in quelle della vita saprò raccontarti del mio prossimo sogno. Intanto grazie di questo spazio.

 

Grazie a Gilda Di Nardo per essere stata con noi. E qui potete leggere la recensione del suo romanzo d’esordio, Giorni di crisi e tulipani, su Parole a Colori, se la storia e lo stile di scrittura vi avessero incuriositi.





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Roberta Turillazzi
Giornalista per passione e professione. Mamma e moglie giramondo. Senese doc, adesso vive a Londra, ma negli ultimi anni è passata per Torino, per la Bay area californiana, per Milano. Iscritta all'albo dei professionisti dal 1 aprile 2015, ama i libri, il cinema, l'arte e lo sport.

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