“Rabbia furiosa – Er Canaro”: la vendetta devastante di un mansueto

Dopo il successo di "Dogman" di Matteo Garrone, un film sincero e duro sulla vicenda del 1988

Un film di Sergio Stivaletti. Con Riccardo De Filippis, Romina Mondello, Virgilio Olivari, Gianni Franco, Romuald Klos. Thriller, 116′. Italia 2018

Fabio ha appena scontato otto mesi di galera per un crimine che non ha commesso, al posto di Claudio, un suo amico ex pugile, un delinquente di piccolo calibro che ambisce a diventare il boss del Mandrione, quartiere della periferia di Roma. Claudio gestisce traffici vari e si occupa anche di combattimenti tra cani. Ogni volta che i suoi cani rimangono feriti, si rivolge all’amico Fabio che, clandestinamente nel retrobottega della sua toeletta per cani, si occupa di piccole operazioni chirurgiche e medicazioni. I due sono legati da una forte amicizia ai limiti dell’ambiguità. Claudio ha una personalità bipolare che lo porta a volte ad agire con estrema durezza nei confronti di Fabio, che sembra subire senza reagire, finché stanco di sopportare, decide di attuare la sua terribile vendetta.

 

A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica.  [Luca 6,27-38]

Temete l’ira dei mansueti perché essi riverseranno in voi tutto ciò che hanno subito. [La Bibbia]

Le Sacre Scritture ci esortano a vivere seguendo propositi di bontà, gentilezza e altruismo verso il prossimo. Eppure ci mettono anche in guardia dall’ira dei mansueti, temibile flagello per chi l’ha provocata.

La rabbia è un sentimento pericoloso, devastante, di cui tutti possiamo cadere vittime. Se la rabbia si impossessa di te può trasformarti, fosse solo per qualche minuto, in una persona diversa, malvagia, persino violenta e feroce.

“Rabbia furiosa – Er canaro” di Sergio Stivaletti arriva nelle sale italiane a distanza di solo poche settimane da “Dogman” di Matteo Garrone (qui la recensione), successo di pubblico e critica, con cui condivide lo spunto iniziale. Era il 1988 quando Pietro Negri, detto Er Canaro, uccise e torturò brutalmente a Roma l’ex pugile Giancarlo Ricci, vendicandosi così di soprusi e vessazioni subite nel corso degli anni.

Garrone e Stivaletti, colpiti entrambi dalla vicenda e affascinati dalla figura dell’assassino, in apparenza mite e sottomesso, hanno deciso di farla propria, utilizzando una storia vera come pretesto per raccontare altro. I punti di contatto tra i due film, però, finiscono qui. E sarebbe persino sbagliato mettere a confronto i due progetti, che hanno alle spalle percorsi creativi e produttivi diversi.

“Sono sempre stato affascinato dai film in cui il personaggio centrale dopo lunghe vessazioni e ingiustizie trova finalmente la forza di vendicarsi facendosi giustizia da solo per poi oltrepassare un limite invalicabile sconfinando nella crudeltà pura”, si legge nelle note di regia di Sergio Stivaletti.

“Rabbia Furiosa” è una pellicola sincera, dura, spietata nel raccontare, senza censura o timore, come un uomo mite possa trasformarsi in un essere malvagio e spietato, quasi demoniaco, nella sua ricerca di vendetta e giustizia. L’aspetto su cui si concentra la sceneggiatura è l’importanza, nella vita di un uomo, di dignità e rispetto, e su quello che può succedere se questi due capisaldi vengono meno.

Fabio alias Er Canaro (De Filippis) non si è mai ribellato ai soprusi subiti da parte del suo amico/carnefice Claudio (Olivari), accettando persino di scontare una pena detentiva di sette mesi al suo posto.

Fabio si libera dal proprio stato di sottomissione psicologica solo quando è costretto ad assistere, impotente, prima alle minacce alla figlia e poi allo stupro della moglie Anna (Mondello) da parte del presunto amico. A quel punto, compreso quanto Claudio abbia abusato della sua devozione, si tramuta in un cane rabbioso, pronto ad azzannare la mano dell’ex amato padrone.

L’ira del mansueto Fabio è sconcertante, spiazzante, disturbante, disumana, meticolosa, incontrollabile. Lo spettatore assiste in uno stato di crescente angoscia alle scene di tortura, magistralmente costruite da Stivaletti, e rese ancora più spaventose e credibili dalla convincente interpretazione di Riccardo de Filippis.

Menzione speciale per tutto il cast, che ha messo impegno, talento ed esperienza al servizio di un progetto che magari non sarà produttivamente un colosso ma è ricco di passione e contenuti.

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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