“Cattività”: quando il teatro aiuta a prendere coscienza di sé

Il racconto del laboratorio del drammaturgo e regista Sorrentino nel carcere di Vigevano

Un film di Bruno Oliviero. Documentario, 80′. Italia 2019

Da tempo il drammaturgo e regista Mimmo Sorrentino conduce, presso la sezione femminile del carcere di Vigevano, un laboratorio di teatro partecipato che vede protagoniste le cosiddette “donne di mafia”, nel regime detentivo di alta sicurezza che si applica ai detenuti appartenenti alla criminalità organizzata. Ognuna delle partecipanti al laboratorio racconta a Sorrentino e alle compagne la sua storia, che viene “affidata” ad un’altra detenuta affinché la interpreti davanti al pubblico, in qualche modo facendola propria. I racconti vengono prima rielaborati da Sorrentino che, come dice lui stesso, si inserisce nello spazio fra ciò che le detenute “dicono e non sanno di aver detto”, perché quello che manca loro è, i primis, la consapevolezza piena di se stesse.

 

L’arte svolge da sempre una funzione catartica, liberatoria, salvifica. Il teatro, in particolare, ha anche una valenza se vogliamo terapeutico-educativa, riesce a tirare fuori da qualsiasi interprete, professionista o amatoriale che sia, doti impensabili. 

Diciamocelo: salire su un palco, mettersi in gioco recitando, è una sfida da far tremare i polsi. Calarsi nei panni di un’altra persona, cercando di trasmettere emozioni tratte da una drammaturgia, rappresenta un’esperienza unica. Che cambia e mette in contatto con una parte talvolta inesplorata di se stessi. 

Il documentario “Cattività” di Bruno Oliviero, disponibile su CHILI dal 12 marzo, mostra allo spettatore come la “magia teatrale” abbia dato un’opportunità di riscatto o meglio di presa di coscienza anche a tante “donne di mafia” rinchiuse nella sezione femminile del carcere di Vigevano, in regime di massima sicurezza. 

Il drammaturgo e regista Mimmo Sorrentino, con il suo laboratorio, è riuscito negli anni a rompere il muro di omertà e silenzio che circonda queste donne, portandole a raccontare la propria storia, la propria infanzia, il passato. E così facendo, aiutandole, in un certo senso, ad assumersi la responsabilità di ciò che è stato e chiedere perdono. Anche a se stesse. 

“Cattività” è un documentario piuttosto classico nella struttura e lineare nello stile, ma capace di suscitare sincere e profonde emozioni in chi guarda. Difficile non essere toccati da queste donne che, sul palco, si tolgano la loro armatura esistenziale per raccontare la propria vita.

I monologhi, curati dallo stesso Sorrentino, sono struggenti, accorati, intensi, crudi; sono confessioni libere e dirette che colpiscono al cuore. Le protagoniste, raccontandosi, scoprono verità nuove su loro stesse. E questo va al di là del bene e del male, fa sì che non ci sia una “parte” dalla quale stare, ma solo un’umanità sofferente. 

In parte esperimento socio-educativo, in parte racconto crudo e spietato del nostro mondo, “Cattività” è anche la dimostrazione di come il teatro, e in generale la cultura, possano rappresentare un ottimo mezzo di rieducazione nelle carceri, in vista anche del reinserimento dei condannati nella società. Una visione consigliata per tutti. 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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