“Brother and sister”: un film sulla famiglia isterico e pretenzioso

Marion Cotillard nella brutta parodia di una storia sui rapporti tra fratelli e come ricucirli

Un film di Arnaud Desplechin. Con Marion Cotillard, Golshifteh Farahani, Melvil Poupaud, Max Baissette de Malglaive. Titolo originale: Frère et soeur. Drammatico, 110′. Francia 2022. 

La storia ruota attorno a un fratello e una sorella che si stanno avvicinando alla cinquantina: Alice è un’attrice, Louis era un insegnante e un poeta. Non si parlano più e si evitano da oltre vent’anni, ma la morte dei genitori li costringerà a incrociarsi.

 

Chiedo pubblicamente scusa all’asino Eo e al suo regista (qui potete capire di cosa sto parlando). Ieri, infatti, ho utilizzato parole molte dure e chiare per definire il film polacco il primo Spira Mirabilis di Cannes 2022.

Sono stato precipitoso, mea culpa. Ma non potevo certo immaginare che solo poche ore dopo Arnaud Desplechin sarebbe riuscito nella poco invidiabile impresa di unire la stampa, solitamente piuttosto discordante. Il suo “Brother and sister” (Frère et soeur), infatti, è stato accolto unanimemente da fischi e risate di scherno.

Lo abbiamo sottolineato a più riprese: la famiglia è ormai un’istituzione in crisi. Il cinema, dal canto suo, ce ne ha raccontate di disfunzionali, anaffettive, sorde, egoiste, menefreghiste. Ma finora ci mancava la famiglia inverosimile o altrimenti detto quella dove non è affatto facile capire quale sia il problema…

“Brother and sister” inizia con un furioso litigio tra Alice (Cotillard) e Louis (Poupaud), con lui che accusa lei di essere responsabile della morte del figlio. Volano parole forti e sprezzanti, che certificano una rottura totale.

Il pubblico non saprà mai se l’accusa è fondata o meno. Perché Desplechin “sorvola” sulla cosa, lasciando che i due fratelli, ritrovatosi al capezzale dei genitori, facciano e dicano di tutto tranne che chiarire il punto della loro rottura.

Questo è un film isterico, confusionario, pretenzioso sotto ogni aspetto, che provoca nel pubblico insofferenza e ilarità, entrambe ampiamente meritate.

Una storia dove ci si urla contro in stile Gabriele Muccino e la scena dopo ci si dedicano poesie. Una – brutta – parodia di un film sulla famiglia e sulla complessità dei rapporti che la stampa di Cannes ha, giustamente, bocciato senza appello.

 

Il biglietto da acquistare per “Brother and sister” è:
Neanche regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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