“Non mi uccidere”: quando la storia adolescenziale diventa dark e horror

Alice Pagani e Rocco Fasano nel secondo lungometraggio diretto da Andrea De Sica

Un film di Andrea De Sica. Con Alice Pagani, Rocco Fasano, Anita Caprioli, Sergio Albelli, Fabrizio Ferracane. Drammatico. Italia 2021

Mirta ama Robin alla follia, lui le promette che sarà amore eterno. In una cava abbandonata, la voglia di trasgredire costa la vita a entrambi. La ragazza però si risveglia e non può che sperare che Robin faccia lo stesso, proprio come le aveva promesso. Ma niente è come prima. Mirta capisce di essersi trasformata in una creatura che per sopravvivere si deve nutrire di carne umana. Ha paura. Braccata da uomini misteriosi, combatte alla disperata ricerca del suo Robin.

 

Tratto dall’omonimo romanzo di Chiara Palazzolo, “Non mi uccidere” è un coming of age a tinte dark, a tratti horror, che esalta l’elemento femminile e finisce per prendere le distanze dai modelli a cui sembrerebbe fare riferimento (vedi “Twilight” e affini). 

Dopo l’esordio nel lungometraggio con “I figli della notte” (2016) e l’esperienza della serie “Baby”, Andrea De Sica torna a parlare a viso aperto dei disagi dell’adolescenza e del passaggio all’età adulta. Lo fa in un film che si rivolge prima di tutto ai giovani, partendo da un tema vecchio come il mondo: amarsi fino a morirne – e non solo metaforicamente.

Mirta (Pagani) perde la vita per una promessa d’amore. Il suo coming of age passa quindi attraverso la morte della vecchia sé e la rinascita di un nuovo io, attraverso la scoperta di una diversità che la porta a dover imparare come nutrirsi, come non decomporsi e come difendersi dai Benandanti che la braccano.

De Sica è molto bravo nel creare un mondo cupo, grigio, piovoso animato da paura e violenza, in contrapposizione con quello luminoso di quando Morta era viva. E ad attingere alla cinematografia precedente, che bene e spesso ha raccontato l’universo delle creature “non vive”, senza mai dimenticare il suo stile accattivante e psichedelico.

Nonostante l’involucro patinato che per certi versi rimanda a celebri storie d’amore young adult come “Twilight” (e oggettivamente Rocco Fasano assomiglia molto al primo Edward Cullen di Robert Pattinson), “Non mi uccidere” è qualcosa di differente, molto più crudo, splatter e horror di quello che si potrebbe immaginare, senza per questo scadere nel B-movie.

Un horror romantico che usa la storia d’amore solo come specchietto per le allodole e che diviene metafora del percorso di crescita che Mirta compie combattendo anche contro la paura di restare da sola. Un’opera dalla forte connotazione femminile, in cui è poi la sorellanza e l’indipendenza dal mondo maschile quello che emerge davvero.

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Federica Rizzo
Campana doc, si laurea in scienze delle comunicazioni all'Università degli studi di Salerno. Internauta curiosa e disperata, appassionata di cinema e serie tv, pallavolista in pensione, si augura sempre di fare con passione ciò che ama e di amare fortemente ciò che fa.

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