“Oltre la nebbia – Il mistero di Rainer Merz”: un thriller che non brilla

Corinne Cléry si impone sul cast tutto sommato buono di una storia né originale né memorabile

Un film di Giuseppe Varlotta. Con Pippo Delbono, Corinne Cléry, Cosimo Cinieri, Luca Lionello, Frederic Moulin. Thriller, 86′. Italia 2017

Domenica delle Palme, nei dintorni di Bellinzona. Giovanni Andreasi è un investigatore privato che tiene in ufficio la foto di Elliot Gould (alias Philip Marlowe) e indossa un impermeabile stazzonato alla Tenente Colombo. Una costumista, Rosa Carlini, chiede il suo aiuto per ritrovare Rainer Merz, anziano teatrante con cui c’è stato del tenero e che in passato ha deciso di sciogliere la compagnia di cui anche Rosa faceva parte. Ora però quella compagnia si è riunita per girare, proprio nella fabbrica di cioccolato in cui abita Merz, un film su Federico II di Svevia: il sovrano denominato Stupor Mundi dai suoi contemporanei ma anche l’Anticristo da Papa Gregorio IX.

 

La settimana prima della Domenica di Pasqua il protagonista di un film storico su Federico II scompare nel nulla. La costumista del lungometraggio, interpretata da Corinne Cléry, ingaggia il detective Giovanni Andreasi (Delbono) per scoprire che fine abbia fatto l’attore.

Una serie di circostanze poco casuali rivela che l’uomo scomparso è protagonista di numerosi incubi del detective, che riguardano anche la morte di una bambina. Esoterismo, mistero e intrighi legano le vicende a un caso irrisolto che pretende ora di essere rivelato.

La nebbia a cui allude il titolo potrebbe avere un’accezione misteriosa, simboleggiare una sorta di velo di Maya che Andreasi riesce a far scivolare via, per apprendere la verità. Eppure, dopo aver visto “Oltre la nebbia – Il mistero di Rainer Merz” di Giuseppe Varlotta dall’inizio alla fine, la si associa più a una sensazione di incomprensione di dubbio.

Non è facile, infatti, capire fino in fondo i tratti e le intenzioni del soggetto e della regia. Incerta, quasi troppo accademica, questa crea un thriller riuscito ma ben poco emozionante o originale e che, pertanto, non si impone più di tanto nel panorama ormai saturo.

La sceneggiatura è macchinosa ma tutto sommato semplice e per questo si salva, cosa che invece non si può dire di alcune scelte tecniche nel montaggio – ad esempio quelle inerenti i raccordi – e delle caratterizzazioni di alcuni personaggi.

Interessante è il filo nascosto del messaggio secondario, dove l’esoterico e il mitologico-religioso si intrecciano per formare una trama universale e sagace, che sembra dirci: attenzione, nonostante le pretese dell’uomo la natura non accetta padroni. La matassa si districa in un inaspettato finale che risolleva almeno in parte la storia.

Nel discreto cast, si distingue Corinne Cléry che lascia il teatro per prendere parte a un progetto dove, il suo personaggio, è una delle componenti più riuscite.

 

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