“Sex Education”: 3 motivi per cui è giusto “venire con loro” un’ultima volta

La serie britannica amatissima dal pubblico si chiude con la quarta stagione, tra addii e risate

L’esperienza di telespettatori e non ce lo ha ormai insegnato: anche le cose migliori, nella vita come sul piccolo schermo, giungono al termine. E dopo aver fatto innamorare il pubblico di tutto il mondo, è la volta di “Sex Education” di salutare definitivamente.

È disponibile da oggi su Netflix la quarta e ultima stagione della serie britannica, otto episodi – con l’ottavo più lungo degli altri, ben ottanta minuti di durata – che chiudono gli archi narrativi dei personaggi. Per Otis, Maeve, Eric, Aimee e tutti gli altri ci sarà un lieto fine?

La storia riprende esattamente dove eravamo rimasti. Gli studenti del Moordale devono adattarsi al cambio scuola, affrontando il nuovo trimestre al Cavendish Sixth Form College. E Otis è pronto a portare la sua attività giovane terapeuta sessuale amatoriale a un livello più alto. Intanto negli Stati Uniti Maeve (Mackey) sta vivendo il suo sogno nella prestigiosa Wallace University.

Al di là della necessità di mettere un punto alla questione, vale o no la pena di vedere questa stagione di “Sex Education”? Ecco 3 motivi per cui noi diciamo assolutamente di sì. 

 

1LE PRIME PUNTATE NON SONO ESALTANTI e forse questo non è proprio quello che vi sareste aspettati di leggere come “motivo per vedere la serie”. È innegabile che inizialmente i personaggi principali – Ottis, la madre Jean, Eirc e Maeve – risultano quasi isolati, ognuno impegnato con la propria storia. Questo però da un lato permette loro di scoprirsi e mettere in luce i propri conflitti, e dall’altro, quando le strade tornano a intrecciarsi, ce li fa apprezzare ancora di più.

2 SEX EDUCATION HA AFFRONTATO FIN DAGLI INIZI TEMATICHE SCOTTANTI. Non solo il sesso, ma l’accettazione di noi stessi e degli altri, la genitorialità, il difficile percorso per riprendersi dopo una violenza. Nella quarta stagione c’è molto spazio per Cal, Abbi e Roman, i personaggi transgender che raccontano tre modi diversi di sentire.

3ALCUNE SCENE VALGONO LETTERALMENTE DA SOLE IL PREZZO DEL BIGLIETTO. “Sex education”, partendo in sordina, si è imposta in questi anni come una delle commedie più dolci e audaci di Netflix. Il linguaggio innovativo e la delicatezza nel trattare gli argomenti, anche tristi, rimangono il suo punto di forza, e questo si conferma nonostante gli avvicendamenti tra gli sceneggiatori.

 

Dopo quattro stagioni probabilmente chiudere il cerchio era la scelta giusta. La storia aveva esaurito le cose da dire – e qualcuno potrebbe commentare che già così è stata tirata troppo per le lunghe. Ma al di là del giudizio sul singolo episodio o stagione, non possiamo negare che Otis, Maeve e tutti gli altri ci mancheranno molto. 

Previous articleCartoline da Venezia 80: cosa resterà di questa Mostra del cinema?
Next article“The Marvels”: azione mista a ironia per un film al femminile godibile
Federica Rizzo
Campana doc, si laurea in scienze delle comunicazioni all'Università degli studi di Salerno. Internauta curiosa e disperata, appassionata di cinema e serie tv, pallavolista in pensione, si augura sempre di fare con passione ciò che ama e di amare fortemente ciò che fa.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here