“Youth (Spring)”: un documentario fiume di Bing Wang

Un racconto senza presa di posizione del mondo dell'industria della moda cinese

Un film di Bing Wang. Documentario, 212′. Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, 2023

Zhili, 150 km da Shangai, sorgono centinaia di laboratori di manifattura tessile dove vengono cuciti e confezionati indumenti da esportare in tutta la Cina. Qui, accettando condizioni lavorative e di vita estreme, accorrono migliaia di giovani dalle regioni rurali attraversate dal fiume Yangtze. Hanno 20 anni, a volte meno, dormono insieme in stanze fatiscenti, mangiano nei corridoi, flirtano, scherzano, litigano, ogni tanto provano a rivendicare qualche diritto, per la maggior parte del tempo siedono alla macchina da cucire a lavorare instancabilmente.

 

La Cina operaia è al centro del documentario “Youth (Spring)” (Qingchun – Chun) del regista Wang Bing, già vincitore nel 2012 del premio Orizzonti alla Biennale di Venezia con “Tre sorelle”, presentato in concorso al 76° Festival di Cannes.

Il film è ambientato a Zhili, la capitale cinese dell’abbigliamento, dove molti giovani provenienti dalle regioni rurali limitrofe giungono in cerca di lavoro. Le loro giornate sono scandite dal ritmo incessante delle macchine da cucire, che vengono utilizzate con incredibile abilità e rapidità.

Wang Bing ha seguito i ragazzi per cinque anni, dal 2014 al 2019 – nel documentario non vi è infatti traccia della pandemia -, soffermandosi di volta in volta su uno di loro. Hanno tra i 17 e i 29 anni; qualcuno è sposato, qualcuno ancora alla ricerca di un compagno.

Nonostante le differenze vivono tutti insieme, ammassati in giganteschi casermoni popolari. E mantengono la naturalezza e le aspirazioni proprie della loro età, tanto nella cura dell’abbigliamento e della persona quanto nel desiderio di svago e condivisione, anche se le condizioni di vita sono estremamente misere.

“Youth” si immerge letteralmente nel loro universo e nella loro quotidianità, con la camera che li segue da vicino mentre dormono, mangiano, chiacchierano e litigano, sempre cucendo a ritmo forsennato, quasi disumano, per mettere da parte i soldi necessari a realizzare i propri sogni o anche solo a mantenere le famiglie.

Per tre ore e mezza, il documentario ci porta nei laboratori senza che Wang Bing conferisca alle immagini riprese alcuna drammatizzazione. Mantenendosi fedele fino in fondo alla realtà osservata e scrupoloso nella sua ricerca, il regista sta già lavorando ad una seconda parte, al momento in fase di montaggio.

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Vania Amitrano
Laureata in lettere. Giornalista appassionata di arte, letteratura e soprattutto cinema.

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