“La zona d’interesse”: un’analisi indimenticabile della banalità del male

Jonathan Glazer racconta con originalità l'orrore della "soluzione finale" e del nazismo

Un film di Jonathan Glazer. Con Christian Friedel, Sandra Hüller, Johann Karthaus, Luis Noah Witte, Nele Ahrensmeier. Drammatico, storico 105′. Gran Bretagna, Polonia, USA 2023

Rudolf Höss e famiglia vivono la loro quiete borghese in una tenuta fuori città, tra gioie e problemi quotidiani: lui va al lavoro, lei cura il giardino e i figli giocano tra loro o combinano qualche marachella. C’è un dettaglio però. Accanto a loro, separato solo da un muro, c’è il campo di concentramento di Auschwitz, di cui Rudolf è il direttore.

 

Gli ebrei sono oltre il muro”, dice Hedwig, la moglie del comandante di Auschwitz, Rudolf Höss. Nelle sue parole, unite alle immagini e al suono agghiacciante che perennemente le accompagna, sta tutta la mostruosità di un pensiero negazionista e omicida allineato alla propaganda nazista.

Ispirato all’omonimo romanzo picaresco del 2014 di Martin Aims, “La zona d’interesse” di Jonathan Glazer, anche sceneggiatore insieme allo stesso Aims, riesce a mostrare l’orrore dello sterminio attraverso la normalità della vita della famiglia di uno dei comandanti del campo di concentramento.



“Zona d’interesse” – interessengebiet in tedesco – era il termine usato dalle SS per descrivere l’area di 40 chilometri quadrati immediatamente circostante al complesso di Auschwitz, nella periferia di Oświęcim, in Polonia. Un’area in cui soggiornavano i capi e le guardie con le loro famiglie, in splendide ville con rigogliosi giardini a ridosso delle mura di cinta.

Glazer sceglie il suono come vero protagonista, per un film semplice dal punto di vista narrativo ma non per questo meno eloquente. Il rumore inquietante proveniente dal vicino campo di concentramento fa da orrendo contrappunto alle immagini da sogno, dall’aspetto retrò quasi patinato, della villa e dei suoi abitanti.

Gli sceneggiatori mantengono ferma l’attenzione sul lato civile della zona di Auschwitz, senza mostrare mai gli orrori del campo di concentramento. Non ne hanno bisogno, perché sono proprio i rumori (le urla delle guardie, i forni crematori sempre accesi e fumanti, le grida strazianti dei prigionieri) che lasciano poco spazio alla fantasia. Il pubblico non vede, ma è facile immaginare cosa accade al di là delle mura.

Curata, decorata e quasi immacolata, la villa degli Höss propone una bucolica fantasia ariana in netto contrasto con l’incubo su cui è letteralmente costruita. Glazer usa un linguaggio quasi da documentario per realizzare un film di finzione capace di raccontare in modo diverso, del tutto originale, l’altro orrore, più formale e intellettuale, che si nascondeva dietro lo sterminio perpetrato dal nazismo.

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